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Storia della normativa sulla sicurezza sul lavoro in Italia – Capitolo 1

ROMA – Iniziamo oggi 29 settembre una nuova avventura editoriale che ci accompagnerà fino alla fine di questo 2011. “Storia della normativa sulla sicurezza sul lavoro in Italia” è il titolo del nuovo progetto, una rubrica che andrà online ogni giovedì, nella quale racconteremo l’evoluzione delle leggi nazionali riguardanti la sicurezza del lavoro dall’Unità d’Italia a oggi. Un capitolo a settimana, fino al 29 dicembre 2011, per un racconto con il quale ripercorreremo vicende, discussioni, fatti che hanno interessato le tappe della normativa italiana e tramite il quale cercheremo di scandire e omaggiare i giorni e le settimane finali di questo anno che celebra i 150 anni di vita del nostro Paese.

A curare la rubrica, autore di tutti gli articoli che andremo a leggere sarà una firma d’eccezione, una firma di cui Quotidiano Sicurezza si fregia e che va a puntellare ulteriormente la già notevolissima squadra de “L’esperto risponde”: il Prof. Dott. Remo Zucchetti.

Di seguito una breve presentazione dell’opera scritta dallo stesso autore, e il primo capitolo in programma: “L’avvento della grande industria e la formazione del capitalismo. La questione operaia emerge in tutta la sua drammaticità sin dalla nascita del Regno d’Italia”.

Presentazione

Una serie di articoli, legati tra loro dal nesso dell’evoluzione storico-giuridica della legislazione di sicurezza, si susseguiranno durante questo anno dedicato alle celebrazione della ricorrenza dell’unità del Paese. Partendo dall’avvento della grande industria e la formazione del capitalismo, il giovane Regno d’Italia favorì lo sviluppo e il progresso nazionale, ma escluse i lavoratori  dal benessere determinando l’impoverimento delle masse operaie.

Attraverso l’unionismo i lavoratori contrastarono il dominio del capitale obbligando il parlamento liberale a emanare le prime leggi sociali di tutela. I primi deboli segnali di tutela arrivarono con la legge sulla disciplina del lavoro dei fanciulli, del lavoro in miniera e la normativa sull’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro.

All’inizio del ‘900 veniva costituito il Corpo degli ispettori dell’industria per assicurare condizioni di lavoro meno pericolose nelle fabbriche e promulgato il decreto per assicurare il buon governo igienico nei cantieri delle grandi opere pubbliche.  Nel ’30 i tempi erano maturi per l’emanazione di un complesso di disposizioni che affrontava in modo organico  la disciplina del rapporto di lavoro.

Fu l’alba della legislazione del lavoro con le leggi sul sistema previdenziale, sull’orario di lavoro, sui contratti collettivi “erga omnes”, sulla tutela civilistica e penalistica che inquadrava l’evento infortunistico, determinato da colpa dell’imprenditore, nei delitti di lesioni od omicidio colposo. A cavallo degli anni ’50, veniva emanato il “corpus normativo prevenzionale “ che sarà abrogato dall’attuale T.U. n. 81 solo nel 2009.

Attraverso delle puntualizzazioni – nei successivi articoli –affronteremo sul Quotidiano  i suddetti temi, fino ai contenuti dell’attuale sistema di tutela dal recepimento nell’ordinamento dei nuovi principi di organizzazione della sicurezza sul lavoro sanciti dal D.Lgs. 626/1994, a dovute riflessioni sull’opera monumentale del recente T.U. Critiche e osservazioni sul reale raggiungimento degli obiettivi e sulla sua reale incisività. Ragionando in ultimo sul fatto che possa essere o meno questo il momento di rettificare il sistema di tutela, fondandolo sulla formazione degli imprenditori e dei vertici aziendali – scarsamente attenti agli enormi costi aziendali derivanti dalla mancata prevenzione – investendo le necessarie risorse atte  ad assicurare la effettiva organizzazione e gestione in sicurezza dei processi produttivi pericolosi e a maggior rischio. (Remo Zucchetti)

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L’avvento della grande industria e la formazione del capitalismo.
La questione operaia emerge in tutta la sua drammaticità sin dalla nascita del Regno d’Italia

Nel periodo precedente l’evoluzione industriale i rapporti di lavoro avevano conservato il carattere di relazioni tra individui. Nella prima metà del secolo XIX, l’avvento della grande industria e la formazione del capitalismo – a seguito della rivoluzione industriale partita dall’Inghilterra – determinarono da un lato la divisione tra il capitale e il lavoro e dall’altro il distacco tra il lavoratore e l’imprenditore, con conseguente rottura dell’equilibrio passato. Si delineò, quindi, quel complesso di fenomeni politico-economici individuati nell’espressione “questione sociale”.

Nel nostro Paese la grande industria nacque dopo l’unificazione nazionale per cui la questione sociale si manifestò con notevole ritardo rispetto agli altri Paesi europei. Le differenze sociali e i contrasti tra le classi, connessi all’economia capitalistica, non poterono più essere ignorati dallo Stato liberale, quando la miseria in cui versava il proletariato divenne tale da costituire una minaccia per lo stesso assetto politico instaurato e gestito dagli stessi detentori del potere economico. Peraltro i primi interventi normativi di tutela furono nettamente repressivi. Il Legislatore dell’epoca non intese tutelare la classe operaia diseredata, bensì proteggere l’ordine sociale esistente contro le rivendicazioni che apparivano pericolose.

L’industrializzazione permise un notevole progresso economico, accompagnato però da  un forte aumento del costo della vita, con conseguente crescita della miseria dei prestatori d’opera i cui salari erano insufficienti a soddisfare le più elementari esigenze di vita. Ciò porto i lavoratori all’ineluttabile necessità di associarsi per resistere alla“dittatura contrattuale” degli imprenditori.

Intanto, dopo l’unificazione nazionale la legislazione si andava evolvendo con timide e frammentarie iniziative. Ancora nel 1879 lo Jacini, a conclusione della sua famosa inchiesta agraria, inutilmente invocava “i probiviri”, per risolvere le controversie tra capitale e lavoro in agricoltura. E inutile era pure  l’invocazione avanzata dalla Regia Commissione d’inchiesta sugli scioperi e i probiviri nell’industria.

I pubblici poteri, però, cominciavano ad avvertire l’urgenza di qualche intervento per assicurare più umane condizioni di lavoro. Veniva promulgata nel 1886 la “Legge di tutela del lavoro dei fanciulli negli opifici industriali, nelle cave e nelle miniere (L. 11 febbraio 1886, n. 3657)” che può considerarsi la prima norma, sia nel campo del lavoro in genere che in quello della protezione dei minori in particolare, tendente a limitare lo sfruttamento delle c.d. “mezze forze”.

Seguiva nel 1889 la riforma del codice penale, in cui si riconosceva lo sciopero anche se in via indiretta e “per puro spirito liberale”. Nel 1893 venivano promulgate la “Legge sulla polizia delle miniere”, per tutelare l’incolumità degli operai, e quella sui probiviri nell’industria, costituente una “magistratura speciale” che gioverà non poco  allo sviluppo di un embrionale diritto del lavoro.

Intanto, con il crescente sviluppo della civiltà industriale, con la diffusione delle macchine e delle lavorazioni pericolose, aumentava in modo impressionante il numero degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali.

Nel 1898 il Legislatore – sulla traccia indicata dai Paesi europei più evoluti – si poneva, infine, il problema della tutela dell’integrità fisica dei lavoratori, con la “Legge sull’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro (L. 12 marzo 1998, n. 30)”, preoccupandosi di riparare le conseguenze nefaste dell’incidente sul lavoro.

Soltanto nel 1899 veniva assicurata la tutela della integrità fisica del prestatore d’opera con il “Regolamento generale per la prevenzione degli infortuni (R.D. 18 giugno 1899, n. 230)”. Purtroppo restavano esclusi dalla disciplina prevenzionistica tutto il settore del commercio, la maggior parte delle piccole imprese industriali e l’intero settore dell’agricoltura.

Vai a capitolo 2: Unionismo professionale.

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