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Storia normativa sicurezza -14 Il Testo Unico 9 aprile 2008 n. 81

14. La nuova Organizzazione e gestione della sicurezza sul lavoro.  Il Testo Unico 9 aprile 2008 n. 81  sul miglioramento della tutela della salute dei lavoratori. Dal 15 maggio 2008 tolleranza zero nei confronti degli imprenditori che gestiscono processi lavorativi obsoleti o pericolosi che espongono i lavoratori al rischio di infortuni o di malattie professionali.

Il D.Lgs. 81/2008, corretto ed integrato dal successivo D.Lgs. 106/2009, emanato dall’Esecutivo su delega del Parlamento, ha armonizzato, razionalizzato e coordinato la massa di disposizioni legislative che durante mezzo secolo si erano affastellate rendendo incerta l’applicazione puntuale delle misure di sicurezza nei luoghi di lavoro.

Il nuovo provvedimento – che ha l’ambizione di essere un testo unico sulla materia della sicurezza – abroga una parte della legislazione previgente sulla prevenzione degli infortuni e l’igiene del lavoro, risalente agli anni cinquanta, e il famoso decreto 626/1994 di recepimento delle direttive comunitarie.

Costituito da 306 articoli e 51 allegati, il decreto 81/2008 disciplina, nei suoi tredici titoli, le materie seguenti: “1. Principi comuni; 2. Luoghi di lavoro; 3. Uso delle attrezzature; 4. Cantieri temporanei e mobili; 5. Segnaletica di sicurezza; 6. Movimentazione manuale dei carichi; 7. Attrezzature munite di videoterminali; 8. Agenti fisici; 9. Sostanze pericolose; 10 Esposizione ad agenti biologici; 11. Protezione da atmosfere esplosive; 12. Disposizioni in materia penale e di procedura penale; 13. Disposizioni finali”.

Il merito del provvedimento è innegabile per rendere gli scenari aziendali più sicuri. È un’opera di grande respiro, condivisa dalle Regioni e dalle Organizzazioni sindacali dei lavoratori, le quali dovrebbero concretamente contribuire a rendere più sicure le fabbriche ed i cantieri dove è ancora molto elevato l’indice infortunistico. Sul provvedimento delle critiche severe sono pervenute soprattutto dalle Associazioni datoriali, segnatamente al sistema punitivo apprestato che appare ancora di tipo fortemente repressivo, con modeste misure premiali alle aziende determinate a migliorare la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

Purtroppo, alcuni importanti suggerimenti formulati dalla “Commissione Tofani” d’inchiesta del Senato sul fenomeno degli infortuni sul lavoro nel nostro Paese, sono rimasti inascoltati. I lavori della Commissione, che ha indagato in particolare sulle c.d. “morti bianche”, conclusisi il 5 marzo 2008, condensati in una pregevole relazione finale ricca di spunti operativi, non sono tutti recepiti dal Legislatore delegato. Dopo un breve periodo di sperimentazione il Governo, delegato ad emanare numerosi decreti attuativi, ha tentato di rendere il decreto n.81 più efficace – rettificando alcune sviste ed inesattezze, facendo tesoro dei suggerimenti pervenuti dal dibattito in atto nel Paese – con il D.Lgs. 106 del 3 agosto 2009, entrato in vigore il 20 agosto 2009.

Un ulteriore passo, sempre atteso, determinante a promuovere l’evoluzione delle piccole e medie aziende nel campo della sicurezza, soprattutto per quelle operanti nei settori a maggior rischio (costruzioni, pesca, metallurgia, metalmeccanica, ecc..), attende l’INAIL, e la destinazione delle sue “notevoli risorse organizzative e finanziarie”,  che devono essere investite nelle misure premiali e negli interventi economici in favore delle imprese, oltre che nel campo del trattamento riabilitativo e pensionistico  degli infortunati e dei superstiti.

Con riferimento alle disponibilità finanziarie, la Relazione senatoriale (Commissione Tofani) riferiva che l’INAIL “presenta un avanzo di amministrazione annuo pari a circa 1,5-2 miliardi di euro, mentre le risorse complessive dell’Istituto vincolate presso il Ministero dell’economia e delle finanze, risultano al 2008 pari a pari a circa 12,5 miliardi di euro. Viene spontaneo chiedersi: tali risorse, se sono ancora disponibili, perché non sono utilizzate in modo selettivo, al fine di attuare le politiche di prevenzione in materia di sicurezza, nonché ad ampliare la tutela assicurativa”.

Tutti affermiamo con convinzione che l’intervento dell’Istituto sulle politiche di prevenzione diventi sistematico ed “efficace”. Dunque, bisogna accrescere le misure già attualmente di competenza dell’Istituto, quali la differenziazione effettiva delle tariffe premi secondo un criterio di bonus-malus (in relazione all’andamento degli infortuni e delle malattie professionali nell’impresa) e il finanziamento dei programmi di adeguamento alla normativa sulla sicurezza da parte delle microimprese, di quelle piccole e medie e di quelle appartenenti ai settori agricolo e artigianale; nonché finanziare “in modo adeguato”i progetti per favorire la formazione dei lavoratori.

Difatti, le difficoltà incontrate da queste aziende nella riorganizzazione e gestione in sicurezza dei processi lavorativi appaiono di ordine sia economico che organizzativo. Di conseguenza, in primis occorre fornire le risorse economiche per sviluppare le misure premiali e di sostegno alla prevenzione.

Un altro punto critico relativo alla tematica della sicurezza sul lavoro, anch’esso sottolineato dalla Commissione d’inchiesta, attiene alle quote minime di spesa sanitaria regionale da destinare alla prevenzione in materia di sicurezza del lavoro, in quanto non c’è alcun riferimento preciso nella relativa programmazione e, in particolare, nella definizione dell’entità della dotazione da riservare alla prevenzione in questo settore. La collettività è sempre più d’accordo che la sicurezza e il benessere sul luogo di lavoro deve diventare la leva del miglioramento delle condizioni di vita delle persone e della crescita economica del Paese.

In questo contesto deve essere inserita tutta una serie di iniziative tese a: diffondere e garantire le condizioni di sicurezza sul lavoro; coinvolgere gli operatori economici attraverso iniziative mirate alla diffusione della responsabilità sociale.

In questo contesto, forte deve essere il ruolo degli enti istituzionali coinvolti che promuoveranno la partecipazione, il confronto e la cooperazione istituzionale come elementi indispensabili nella messa a regime di tutte le azioni prospettate, coinvolgendo altresì le Organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro.

Occorre mettere in atto tutti gli strumenti idonei a promuovere la cultura della
sicurezza e a prevenire gli incidenti sul lavoro
(formazione, educazione, misure che favoriscano la regolarità e la sicurezza del lavoro negli appalti pubblici, incentivi e agevolazioni alle imprese, ecc..). L’obiettivo finale è il sostegno alle imprese che operano nella regolarità e subiscono un’iniqua concorrenza, promuovendo una cultura condivisa di “qualità” del lavoro. Occorre attivare strumenti atti ad assicurare: riduzioni fiscali finalizzate alla concessione di finanziamenti agevolati ad aziende che intendano iniziare il percorso di certificazione sulla organizzazione e gestione della sicurezza; prestiti agevolati o premiali per l’adeguamento aziendale del “sistema sicurezza lavoro”; il riconoscimento di punteggi specifici, da parte degli enti pubblici, in occasione di appalti, per favorire le imprese in possesso di marchi di qualità sulla sicurezza del lavoro.

Scuole e università, come prevede il decreto n.81, dovranno promuovere la consapevolezza del pericolo che tuttora presentano alcune lavorazioni industriali e integrare i programmi con la sicurezza sul lavoro nel sistema dell’istruzione, preparando i giovani ad affrontare il lavoro con cognizione dei rischi per la salute.

Un punto cruciale per quanto riguarda la gestione del sistema sicurezza è rappresentato da quella parte del sistema organizzativo che presiede alla raccolta, gestione ed utilizzo delle informazioni. In sostanza, sul piano operativo, le tre principali esigenze ai fini della prevenzione da raggiungere sono: individuare metodi e strumenti per supportare sia i percorsi per promuovere il coinvolgimento dei soggetti attraverso la formazione; individuare e progettare strumenti idonei a supportare la gestione del sistema sicurezza e la condivisione delle risorse; progettare strumenti e metodi per la raccolta e la gestione diffusa delle informazioni.

Dalle considerazioni sin qui svolte in materia di formazione, la Commissione d’inchiesta citata, traeva almeno due conclusioni rimaste tuttora inascoltate. La prima è relativa all’esigenza di un elevamento del livello quantitativo e qualitativo della formazione in materia di sicurezza. I relativi moduli di base devono essere inseriti in via obbligatoria in ogni percorso di formazione professionale.

La seconda concerne la cultura della sicurezza sul lavoro, la quale ha bisogno di trovare spazio nei programmi scolastici e universitari, nell’ambito della sempre più stretta interrelazione tra istruzione e lavoro.

A conclusione  di questa rassegna di studi pubblicati dal Quotidiano Sicurezza, per celebrare i centocinquantanni dell’Unità d’Italia, vanno ricordate le parole  del Ministro del lavoro Ferrero, pronunciate in un ampio discorso sulla necessità di investire sulla “sicurezza,  che è un valore e non una costrizione imposta”, essendo “un principio dal quale non può derogarsi mai”.

Torna al primo capitolo.

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