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Workaholic e dipendenza dal lavoro, studio Uni. Bergen

BERGEN – Ricercatori dell’Università di Bergen, Norvegia, hanno sviluppato un nuovo strumento per misurare la dipendenza da lavoro: la “Scala di Bergen” per la dipendenza da lavoro.

L’attuale mercato del lavoro, che sottopone i lavoratori a continue pressioni di produttività e innovazione induce in un numero crescente di persone una vera e propria mania del lavoro. Per molti la vita professionale assorbe ogni pensiero e ogni momento e diventa il valore fondamentale su cui imperniare tutta l’esistenza, fino ad innescare comportamenti di dipendenza del tutto simili a quelli innescati da una droga e che sfociano nel cosiddetto workaholic. Complici di questo comportamento sono anche le nuove tecnologie sempre più pervasive (smartphone, tablet,pc portatili.) strumenti utilissimi ma che mettono il lavoratore nella condizione di non staccare mai.

La scala di dipendenza messa a punto dai ricercatori norvegesi si fonda su elementi di base che sono riconosciuti come criteri diagnostici per le diverse dipendenze (da droga, da alcol, da  tabacco, ecc.) e permettono quindi di riconoscere quelle persone che sembrano essere spinti a lavorare troppo e compulsivamente, e che quindi possono essere definite come “drogati di lavoro”.

“A causa della globalizzazione” – afferma la dottoressa Cecilie Schou Andreassen che guida il team che ha sviluppato il nuovo strumento presso la Facoltà di Psicologia presso l’Università di Bergen (UIB) – “della diffusione di nuove tecnologie della comunicazione e del sempre più labile confine tra vita privata e vita lavorativa, stiamo assistendo ad un aumento della dipendenza da lavoro. Un numero di studi dimostrano che la dipendenza da lavoro è stata associata con l’insonnia, con problemi di salute, con burnout e stress oltre a creare conflitto tra lavoro e vita familiare”.

Lo strumento si fonda sulla somministrazione di un questionario composto da sette domande che hanno l’obiettivo di rilevare altrettanti elementi fondamentali di dipendenza: la salienza, la modifica dell’umore, la tolleranza, l’isolamento, il conflitto, la ricaduta e i problemi. Le sette domande prevedono cinque possibilità di risposta: mai; raramente; qualche volta; spesso; sempre. E sono:

  • pensate a come potreste avere più tempo da dedicare al lavoro;
  • passate molto più tempo al lavoro di quanto previsto;
  • lavorate con l’obiettivo di ridurre il senso di colpa, di ansia, d’impotenza o di depressione;
  • i vostri cari vi hanno già detto di ridurre il tempo dedicato al lavoro ma voi non li avete ascoltatati;
  • vi sentite male o a disagio quando non potete lavorare;
  • trascurate i vostri hobby e piaceri a causa del lavoro;
  • il vostro lavoro ha ripercussioni negative sulla salute.

La Scala di Bergen per la dipendenza da lavoro è stata recentemente presentata in un articolo dello Scandinavian Journal of Psychology in cui sono stati riportati anche i risultati della sperimentazione della scala condotta con 12,135 dipendenti norvegesi provenienti da 25 diversi settori lavorativi.

I risultati dello studio condotto tra i lavoratori norvegesi mostra che se il punteggio di «spesso» o «sempre» ritorna  almeno in quattro delle sette risposte questo può essere preso come segnale valido di dipendenza da lavoro; il questionario ha quindi permesso con buona attendibilità la classificazione dei lavoratori in “non dipendente”, “semi-dipendente” e “drogato di lavoro” ovvvero “workaholic”.

La scala si è rivelata uno strumento utile per ogni lavoratore che anche da solo, rispondendo sinceramente alle domande, può avere una idea della sua possibile dipendenza patologica da lavoro e prender così le dovute precauzioni.

Per approfondire: Driven to work.

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