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Invecchiamento attivo, intervento direttore EU-OSHA Christa Sedlatschek

BILBAO – Pubblichiamo oggi in versione integrale un intervento del direttore EU-OSHA Christa Sedlatschek in merito alle politiche europee riguardanti l’invecchiamento attivo. Un intervento di qualche mese fa ma assolutamente attuale, e che proponiamo per approfondire gli impegni EU-OSHA sui temi inerenti il lavoro e la salute delle persone in età avanzata, e sull’Anno europeo tematico  che scadrà alla fine di questo 2012.

“Il 2012 è l’Anno europeo dell’invecchiamento attivo o, secondo la sua definizione completa, l’Anno europeo dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra le generazioni. La maggior parte di noi è consapevole del fatto che in quasi tutta l’Europa la popolazione stia invecchiando. Questo in parte è dovuto a motivi di cui possiamo essere orgogliosi: la nostra aspettativa di vita è molto più lunga rispetto a quella delle generazioni precedenti. In media, viviamo otto anni in più rispetto al 1960 e nei prossimi quaranta o cinquant’anni è probabile che l’aspettativa di vita cresca ulteriormente di circa cinque anni. Questo è un fatto positivo per tutti noi. Tuttavia, se combiniamo questo dato con la bassa natalità registrata negli ultimi decenni, otterremo un modello che si ripete in tutto il mondo sviluppato: molti più anziani in termini assoluti, ma anche una percentuale più elevata di anziani rispetto alla popolazione complessiva.

In altre parole, la popolazione europea sta invecchiando rapidamente. Nel 2010, le persone sopra i 65 anni erano poco più di 87 milioni, ossia circa il 17,4% della popolazione totale. Se confrontiamo questi dati con quelli del 1985, vedremo che allora vi erano 59,3 milioni di persone over 65, ossia il 12,8% del totale. Inoltre, si prevede che questo numero aumenti ulteriormente rispetto alle persone in età lavorativa, arrivando a raddoppiare entro il 2060. Si tratta di una sfida, ma anche di un’opportunità per valorizzare le competenze e l’esperienza degli anziani.

Come possiamo affrontare questi profondi cambiamenti? Come ha osservato László Andor, commissario europeo responsabile per l’occupazione, gli affari sociali e l’inclusione: “La chiave per affrontare la sfida di una crescente percentuale di anziani nelle nostre società è l’invecchiamento attivo: incoraggiare gli anziani a rimanere attivi lavorando più a lungo e andando in pensione più tardi, impegnandosi in attività di volontariato dopo il pensionamento e vivendo in modo sano e autonomo”.

L’invecchiamento attivo.

Da qui l’importanza dell’Anno europeo per l’invecchiamento attivo, presentato a Copenhagen nel gennaio scorso con l’obiettivo di sensibilizzare in merito al contributo che gli anziani possono dare a livello sociale ed economico incoraggiando i decisori a favorire l’invecchiamento attivo, ovvero in buona salute e vivendo in modo autonomo.

Il tasso di occupazione dei lavoratori in età avanzata (55-64 anni) nell’Europa a 27 è attualmente inferiore al 50%. Oltre la metà dei lavoratori anziani lascia il lavoro prima dell’età pensionabile; questo significa un enorme potenziale non sfruttato di persone che potrebbero continuare a lavorare contribuendo al sostentamento dei cittadini europei che vivono più a lungo.

Le proiezioni indicano in particolare un aumento del numero di lavoratrici anziane all’interno del mercato del lavoro dell’Europa a 27; inoltre, si prevede che il tasso di occupazione delle donne di età compresa tra i 55 e i 64 aumenterà del 20,9% tra il 2010 e il 2060, contro l’11,5% degli uomini.

Ma qual è l’atteggiamento degli altri lavoratori rispetto ai colleghi in età avanzata? Secondo un recente sondaggio dell’Eurobarometro sembra essere positivo: l’idea che le persone lavorino fino all’età pensionabile, e addirittura oltre, ha ricevuto ampio sostegno. Ad esempio, il 61% degli europei pensa che le persone dovrebbero poter continuare a lavorare anche oltre l’età pensionabile ufficiale e un terzo ha affermato di volere continuare a lavorare anche dopo il raggiungimento del diritto alla pensione.

Nell’ipotesi di un raggiungimento di un’età lavorativa più ampia, i sondaggi rilevano inoltre una grande consapevolezza dell’importanza della sicurezza e della salute sul lavoro (SSL). Il secondo sondaggio d’opinione europeo sulla sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro, condotto di recente da Ipsos MORI, rileva infatti che l’87% dei cittadini europei ritiene che una buona salute e un’adeguata sicurezza sul lavoro siano importanti per permettere alle persone di lavorare più a lungo prima del pensionamento (il 56% le ritiene “molto importanti”).

Allo stesso tempo, però, secondo il sondaggio dell’Eurobarometro, molti europei pensano che le condizioni del proprio luogo di lavoro non consentirebbero loro di continuare a lavorare in età avanzata: solo quattro su dieci (42%) ritengono di poter continuare a svolgere le attuali mansioni fino ai 65 anni o oltre, mentre il 17% prevede di non essere in grado di svolgere l’attuale lavoro oltre i 59 anni. Infine olltre la metà degli intervistati ha affermato che il proprio luogo di lavoro non è adatto alle esigenze del personale in età avanzata.

La tutela della salute e sicurezza dei lavoratori in età avanzata.

Promuovendo l’Anno europeo dell’invecchiamento attivo, noi dell’Agenzia europea per la salute e la sicurezza sul lavoro intendiamo mettere in evidenza l’importanza cruciale del sostegno alla salute e alla sicurezza sul posto di lavoro in tutte le fasi della vita lavorativa, se vogliamo che le persone siano in grado di lavorare più a lungo.

Se incoraggiamo le persone a rimanere più a lungo nel mercato del lavoro, è necessario affrontare le discriminazioni esistenti contro i lavoratori più anziani: l’obiettivo dell’Anno europeo è principalmente la rimozione dei pregiudizi. Gli anziani non dovrebbero essere visti come un peso per la popolazione in età lavorativa, ma essere riconosciuti per le competenze e l’esperienza che possiedono e il modo in cui, grazie a esse, possono contribuire nel luogo di lavoro.

Tuttavia i lavoratori in età avanzata sono anche più vulnerabili sul lavoro: i rischi di morti bianche sono più alti e anche le malattie croniche aumentano con l’età, in particolare i disturbi muscolo-scheletrici e la depressione che rappresenta una delle cause più comuni di pensionamento anticipato. Nelle mansioni con un elevato carico di lavoro fisico, naturalmente, si contano più assenze per malattie, indipendentemente dall’età, ma queste aumentano significativamente per i lavoratori tra i 45 e i 50 anni.

È quindi necessario dare importanza alla gestione dell’età sul luogo di lavoro: i fattori legati all’età devono essere tenuti in considerazione al momento dell’assegnazione di particolari mansioni agli individui, in modo che tutti, indipendentemente dall’età siano in grado di svolgere il proprio lavoro. Questo significa concentrare l’attenzione su quella che viene chiamata “capacità lavorativa”, ovvero trovare un equilibrio tra mansioni e risorse individuali.

In questo un contributo utile può venire dai datori di lavoro che sono chiamati a promuovere la tutela della salute sul posto di lavoro e ad aiutare i dipendenti ad adottare uno stile di vita sano sia per quanto riguarda l’alimentazione che per l’attività fisica, oltre a effettuare adeguate valutazioni dei rischi che prendano in considerazione le differenze indviduali tra lavoratori in termini di capacità e salute.

Infine, un elemento fondamentale della gestione dell’età riguarda la ridefinizione dei singoli compiti lavorativi in funzione dei punti di forza, delle necessità e delle capacità dei lavoratori in età avanzata. Come dimostrato dalla ricerca, esistono varie misure per migliorare la capacità lavorativa in relazione all’organizzazione del lavoro, agli orari di lavoro, alla formazione, agli ausili ergonomici e così via. Ma la maniera più efficace e più efficiente per adeguare il luogo di lavoro alle esigenze dei lavoratori è coinvolgerli nella pianificazione e nell’implementazione degli interventi previsti.

Vi sono numerosi esempi del modo in cui ciò può essere messo in pratica. Un’azienda manifatturiera, ad esempio, ha introdotto un sistema denominato Age Master che offre giorni di congedo supplementari ai lavoratori di età superiore ai 58 anni, in modo che possano beneficiare di più tempo di riposo dopo lo svolgimento di mansioni fisicamente impegnative. Come conseguenza, i lavoratori anziani dell’azienda sono disposti a lavorare circa tre anni in più prima di andare in pensione.

Una società erogatrice di energia ha introdotto un programma 80-90-100, che consente ai lavoratori anziani di ridurre il loro orario di lavoro del 20% con una decurtazione di salario del 10%, mantenendo però invariati i diritti pensionistici; anche in questo caso, i dipendenti scelgono di lavorare più a lungo prima di andare in pensione.

Esempi come questi mostrano che le persone sono in grado e disposte a lavorare più a lungo se motivate a farlo. Inoltre, la ricerca dimostra che tutto questo porta a una riduzione delle assenze per malattia, dei costi per disabilità al lavoro e a un aumento della produttività, con un rapporto di ritorno sugli investimenti tra 3:1 a 5:1 nel giro di pochi anni.

Prendere sul serio l’invecchiamento attivo porta quindi dei risultati, e non solo per i lavoratori e i datori di lavoro.

Una recente ricerca dimostra che quanto migliore è la nostra capacità lavorativa prima del pensionamento, tanto migliore sarà la qualità della vita in seguito, con un deterioramento fisico o mentale inferiore e meno malattie. Questo significa anche una riduzione della spesa sanitaria per tutti noi: l’investimento nella sicurezza e nella salute sul posto di lavoro va a beneficio di tutti. Ma è importante iniziare presto, perché i giovani di oggi sono i lavoratori anziani di domani.

In questo contesto, risulta di fondamentale importanza creare una cultura di prevenzione e offrire alle persone la possibilità di partecipare attivamente alla creazione di un migliore ambiente lavorativo. Buone capacità dirigenziali e la partecipazione dei lavoratori sono fattori di successo consolidati.”

Per approfondire: EU-OSHA lavoratori età avanzata.

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