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Sentenza della Cassazione penale sulla mancata pulizia dei locali di lavoro

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Il Tribunale di Firenze, lo scorso giugno aveva condannato un’azienda imputata dei reati di cui gli artt. 64 c. 1 lett. a), b) e d) del TU 81/08* e precisamente di mancata pulizia dei locali di lavoro, in particolare gli accessi ai carrelli elevatori, con conseguente esposizione dei lavoratori alle polveri “nonostante il tipo di lavorazione eseguito nello stabilimento industriale fosse intrinsecamente destinato alla produzione di polveri ineliminabili”.

L’azienda ha proposto ricorso alla decisione del Tribunale che aveva anche evidenziato come dai precedenti controlli effettuati dai funzionari dell’ispettorato del lavoro era risultata …. la mancanza di pulizia dei locali, segnalandosi la presenza di polveri diffuse non solo nei locali ma anche nelle attrezzature di lavoro quotidianamente utilizzate dai lavoratori che vi risultavano perennemente esposti, senza la predisposizione di alcuna cautela e che ciò malgrado “nulla era stato fatto per la soluzione dei problemi, peraltro accentuati dalla particolare natura delle attività intrinsecamente destinate alla produzione di polveri sottili”.

Fra i motivi del riscorso “l’inevitabilità della presenza di polveri in relazione alla natura dell’attività industriale”, che la Cassazione Penale, Sez. 3, con sentenza del 30 settembre 2015, n. 39360, ha valutato come inammissibile “in quanto l’esigenza di sicurezza (nel caso in esame, di pulizia) è direttamente proporzionale alla intensa produzione di polvere: circostanza che avrebbe dovuto indurre … ad una cautela ancora più intensa del normale”.

Respinto anche un secondo motivo proposto dal ricorrente. Questi aveva sostenuto che, a proposito dell’ipotesi di violazione dell’ art. 64 lett. b) del TU81/08** e del punto 1.4.10 dell’AII. II***,” le relative norme, congiuntamente interpretate, non vanno intese nel loro significato assoluto (nel senso di una totale assenza di materiali ingombranti lungo le vie di circolazione) ma in senso relativo in modo da garantire una normale circolazione.

A questo ultimo proposito la Cassazione ha condiviso la valutazione operata dal Tribunale che ha basato il proprio convincimento su documenti fotografici attestanti “la presenza di materiali di varia natura disposti a casaccio lungo il percorso”.

* Il datore di lavoro provvede affinché:

a) i luoghi di lavoro siano conformi ai requisiti di cui all’articolo 63, commi 1, 2 e 3 ( I luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti indicati nell’Allegato IV. I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, dei lavoratori disabili. L’obbligo di cui al comma 2 vige in particolare per le porte, le vie di circolazione, gli ascensori e le relative pulsantiere, le scale e gli accessi alle medesime, le docce, i gabinetti ed i posi di lavoro utilizzati da lavoratori disabili);
b) le vie di circolazione interne o all’aperto che conducono a uscite o ad uscite di emergenza e le uscite di emergenza siano sgombre allo scopo di consentirne l’utilizzazione in ogni evenienza;
d) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare pulitura, onde assicurare condizioni igieniche adeguate.

** Impone che “le vie di circolazione interne o all’aperto che conducono ad uscite o ad uscite di emergenza e le uscite di emergenza siano sgombre allo scopo di consentirne l’utilizzazione in ogni evenienza”.
*** In base al quale “i pavimenti ed i passaggi non devono essere ingombrati da materiali che ostacolano la normale circolazione”.

Info: sentenza Cassazione n.39360 del 30 settembre 2015

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