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Per una Procura nazionale contro le morti sul lavoro

TORINO – Entro la fine dell’anno la Procura di Torino potrebbe perdere quasi per intero il pool di magistrati che nel corso degli ultimi dieci anni si sono specializzati in processi per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.
E’ proprio la squadra di Raffaele Guariniello, il pm che sta conducendo i processi all’Eternit e alla Thyssenkrupp , a  rischiare quindi di doversi sciogliere. E a quanto pare, potrebbe essere è normale conseguenza di una norma del regolamento del Consiglio Superiore della magistratura, il D.Lgs. 160/2006 che disciplina l’accesso alla magistratura e all’articolo 19 prevede:

Art. 19.Permanenza nell’incarico presso lo stesso ufficio
1. Salvo quanto previsto dagli articoli 45 e 46, i magistrati che esercitano funzioni di primo e secondo grado possono rimanere in servizio presso lo stesso ufficio svolgendo le medesime funzioni o, comunque, il medesimo incarico nell’ambito delle stesse funzioni, per un periodo massimo di dieci anni, con facoltà di proroga del predetto termine per non oltre due anni, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura fondata su comprovate esigenze di funzionamento dell’ufficio e comunque con possibilità di condurre a conclusione eventuali processi di particolare complessità nei quali il magistrato sia impegnato alla scadenza del termine.
2. Nei due anni antecedenti la scadenza del termine di permanenza di cui al comma 1, nonche’ nel corso del biennio di cui al comma 2, ai magistrati non possono essere assegnati procedimenti la cui definizione non appare probabile entro il termine di permanenza nell’incarico.

La questione riaccende il dibattito già avviato negli anni, e che a ondate si ripropone, sulla necessità di costituire una Procura Nazionale per i processi che riguardano malattie professionali e infortuni sul lavoro.

Sul tema a più riprese è intervenuto Guariniello stesso rilevando una mancanza di risorse umane sufficienti dedicate a questo problema e una forte disuguaglianza sul modus operandi al nord Italia rispetto a quanto si riesce a fare al sud. I temi della salute e sicurezza sul lavoro necessitano di figure competenti e la competenza si fa attraverso la formazione ma anche attraverso il lavoro sul campo e l’esperienza. Impossibile pensare che un giudice riesca in tempi brevi ad acquisire tutte le conoscenze necessarie alla trattazione di questi casi. Unica soluzione possibile è quindi formare magistrati specializzati che possano condurre le loro indagini e seguire i casi nel corso degli anni capitalizzando l’esperienza acquisita ogni volta.
Nello scorso febbraio anche Beniamino Deidda, Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Firenze, aveva sollevato il problema durante un’audizione alla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli Infortuni sul lavoro, con particolare riguardo alle cosiddette morti bianche.

Il procuratore aveva rilevato una scarsissima possibilità di risposta da parte delle procure, a fronte dell’alto numero di comunicazioni di reato che pervengono: pochi procedimenti intrapresi, pochissimi quelli che giungono a giudizio.
Le procure allo stato dei fatti non hanno risorse per portare avanti questi casi con la tempestività che richiedono e spesso i reati cadono in prescrizione.
Esemplare il caso della Procura di Gorizia, nella cui provincia ha sede la Fincantieri. In quindici anni novecento casi di malattia professionale causata da amianto sono stati presentati senza che i giudici riuscissero a far fronte alle domande di giustizia delle vittime dei reati.

E’ urgente quindi una riconsiderazione degli organici e la messa in campo di nuove forze e collaborazioni. Indispensabile per esempio instaurare una forte sinergia con gli organi di prevenzione e controllo quali le Asl, che essendo a diretto contatto con i lavoratori potrebbero segnalare i casi alla procura facendo in modo di fornire contestualmente anche tutti i dati che servono per condurre le indagini preliminari. A questo fine è necessario che le istituzioni sottoscrivano dei protocolli d’intesa in cui le procedure e i ruoli di ognuno siano puntualmente definiti. Alcune procure stanno operando in questa direzione.

Importante anche lavorare a monte sulla formazione universitaria dei magistrati rafforzando e approfondendo la trattazione di queste tematiche al momento poco presenti nei curricula universitari dei magistrati.
Ultimo dato rilevato da Deidda è l’impossibilità ad oggi di monitorare in maniera adeguata il lavoro svolto dalle varie procure in questo ambito perché non esiste un database dedicato. Questi reati vengono registrati genericamente come lesioni colpose, senza poterli distinguere ad esempio da incidenti stradali o da colpa medica. Ne consegue che ad oggi nessuno può dire quanti siano i procedimenti archiviati, quali in dibattimento, quali conclusi e con quali esiti.

Una Procura nazionale dedicata ai processi per malattie professionali o infortuni sul lavoro sarebbe quindi di grande importanza, permetterebbe la formazione di magistrati specializzati, anche tramite appositi corsi, e che approfondiscono sul campo l’esperienza giorno per giorno, dando stimolo agli organi di controllo e vigilanza affinche le loro azioni vengano valorizzate e dando finalmente garanzia di giustizia per i lavoratori.

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