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Dir. 2010/32/UE prevenzione rischio sanitari, intervista dott. Donato Ceglie

ROMA – “Il diritto alla sicurezza: prevenzione, protezione ed eliminazione del rischio di infezione per gli operatori sanitari”. Abbiamo già parlato la scorsa estate di un convegno convocato il 10 luglio 2012 in Senato promosso dall’Associazione parlamentare per la tutela e la promozione del diritto alla prevenzione, in collaborazione con il  gruppo PHASE, gruppo di ricerca, acronimo di “People for Healthcare Administration Safety and Efficiency”.

Il convegno riguardava i rischi da infezione che infermieri e medici possono contrarre tramite ferite percutanee da taglio, con aghi, cateteri. DPI, NPDS, formazione, prevenzione, valutazione dei rischi, e in particolare quanto previsto in materia di prevenzione da una direttiva europea che deve a breve essere accolta e integrata in Italia nella normativa sulla salute e la sicurezza sul lavoro.

Si tratta della Direttiva 2010/32/UE del Consiglio dell’Unione Europea, che “attua l’accordo quadro, concluso da HOSPEEM e FSESP, in materia di prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario” e che deve essere assorbita dal nostro Paese entro l’11 maggio 2013.

La direttiva approvata nel maggio del 2010 chiede agli Stati membri di attuare quanto previsto da un accordo siglato il 17 luglio 2009 a Bruxelles tra HOSPEEM (European Hospital and Health Care Employers’ Association) e EPSU (European Federation of Public Service Unions). HOSPEE è rappresentata in Italia da Aram Agenzia per la Rappresentanza negoziale delle Pubbliche Amministrazioni, un organismo tecnico che ha la rappresentanza legale di tutte le pubbliche amministrazioni in sede di contrattazione collettiva. EPSU è rappresentata da CGIL e CISL e in particolare dalle proprie sezioni dedicate alla funzione pubblica, ovvero FP-CGIL ed FPS-CISL.

Cinque le finalità della direttiva e quindi dell’accordo che ne è presupposto. “Garantire la massima sicurezza possibile dell’ambiente di lavoro; evitare ai lavoratori sanitari ferite provocate da ogni tipo di dispositivo medico tagliente (punture di aghi incluse); proteggere i lavoratori dal rischio; definire un approccio integrato che includa la valutazione e la prevenzione dei rischi, la formazione, l’informazione, la sensibilizzazione e il monitoraggio; porre in atto procedure di risposta e di follow-up”.

Come dovrà o potrà essere recepita tale direttiva nel nostro corpo normativo sulla sicurezza sul lavoro, ovvero Testo Unico e smi.? Con quali integrazioni? Perché una direttiva ancora da recepire ma datata 2010, con accordo del 2009, quindi più o meno contemporanea e contestuale all’entrata in vigore del D.Lgs 81/08?

Abbiamo rivolto queste domande al dott. Donato Ceglie, sostituto procuratore generale di Napoli, esperto di sicurezza sul savoro e componente del gruppo di studio PHASE. Una riflessione sugli aspetti giuridici riguardanti l’introduzione in Italia della Direttiva 2010/32/UE, a complemento dell’approfondimento medico-scientifico pubblicato il 31 luglio in una prima intervista realizzata con il dott. Vincenzo Puro, ancora del gruppo PHASE, epidemiologo, responsabile UOC Servizio prevenzione e protezione e UOC Infezioni emergenti e Centro di riferimento AIDS presso l’IRCCS L. Spallanzani  di Roma – coordinatore studio SIROH.

Dott. Ceglie, una direttiva e un accordo che interessano gli operatori sanitari e la prevenzione del rischio biologico al quale potrebbero andare incontro. Una direttiva che, potendola sintetizzare, parla di valutazione dei rischi, dispostivi di protezione, informazione, formazione. Aspetti questi già contenuti nel Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro che interessa tutti gli ambienti, e del quale Testo Unico stesso è, se non contemporanea, di poco successiva. Come mai questa breve dissonanza nei tempi e in che modo la direttiva potrà essere assorbita nell’ordinamento italiano?

In effetti la direttiva può sembrare un precipitato specifico su un approccio generalista del Testo Unico. Può sembrare, ma non è così. In realtà è una norma che vuole essere assorbita dal Decreto 81 in maniera organica e ciò può essere facilmente dedotto osservando due punti chiave.

Il primo è che la direttiva e l’accordo quadro contengono definizioni e riguardano aspetti che sono nell’abc del Testo Unico. Parla di rischi, DPI, formazione, valutazione dei rischi, degli stessi concetti già trattati dal D.Lgs 81/08 all’interno del quale dovrà essere riunita e uniformata. Il secondo, causa del primo, è che sia la direttiva che il nostro testo di riferimento per quanto riguarda la salute e la sicurezza sul lavoro derivano entrambi da una prima norma richiamata e fondante che è la direttiva 89/391/CEE. Sono quindi parti dello stesso discorso, l’una a integrazione dell’altro.

Come dovrà essere accolta?

Con una norma di recepimento, che dovrà essere approvata entro l’11 maggio 2013, ma auspichiamo prima dell’ultimo giorno di scadenza. Sarà un’integrazione del Testo Unico e del titolo dedicato al rischio biologico (Titolo X Esposizione ad agenti biologici, Ndr), in particolare andrà a integrare l’aspetto della valutazione dei rischi (*), DVR, e degli obblighi del Responsabile del rischio prevenzione e protezione RSPP.  Ma ripeto, sarà un’integrazione, su basi comuni e pronte. Fondamentali poi saranno due momenti cruciali.

Quali?

Il primo la sua attuazione. Non basterà infatti recepire la direttiva, ma bisognerà attuarla. Il secondo verificare la stessa attuazione attraverso controlli. In realtà la direttiva presenta una lacuna in merito a questo aspetto. Non viene affrontata nel dettaglio la questione riguardante i controlli, perciò nel nostro Paese dovremmo innanzitutto integrare la direttiva stessa con nostre esigenze riguardanti la vigilanza e quindi eseguirla.

Nel documento PHASE si parla anche della necessità per quanto riguarda il contenuto della direttiva, di specificare in fase di recepimento le caratteristiche e gli standard di riferimento per la strumentazione e gli NPDS, in merito quindi a cosa si intenda per dispositivo con sistema di protezione.

Occorrerà porre particolare attenzione alla corretta valutazione e definizione dei dispositivi NPDS. Dovremo chiarire che sarà necessario seguire standard come ad esempio ISO, o OSHA, ISPESL. Sarà ed è fondamentale perché il mercato globale riesce a mettere in circolazione prodotti non realmente efficienti e che per questo motivo potrebbero risultare dannosi invece che protettivi.

Osservazioni che mirano ad assicurare quindi il giusto recepimento della normativa. Le chiederei allora un giudizio sul livello di penetrazione e di assorbimento della normativa sulla sicurezza sul lavoro nel nostro Paese.

A mio avviso non andiamo bene, o meglio, da un lato progrediamo nell’emanazione di decreti, nella scrittura di leggi, campi nel quale stiamo raggiungendo un ottimo livello. Ma dall’altro nell’applicazione e nel controllo di una corretta applicazione sul territorio andiamo sempre peggio. Ho tenuto una relazione, un intervento nel corso della “Giornata nazionale di studio sulla salute e sulla sicurezza sul lavoro” convocata dal presidente della Commissione parlamentare sugli infortuni senatore Tofani, intervento nel quale ho illustrato le mie osservazioni. Il baratro fra le norme e la corretta applicazione nei luoghi di lavoro si amplia sempre più. I controlli non sono sufficienti e non sufficiente è il coordinamento sul territorio.

Gli ultimi dati riferscono che gli infortuni stanno diminuendo, ma in realtà diminuisce anche l’occupazione, e gli infortuni sono sempre tanti, troppi. Sul territorio i controlli sono disomogenei, non incisivi. A mio avviso andrebbero affidati ad altre istituzioni rivedendo quindi anche l’apporto delle ASL. Sarebbero auspicabili agenzie regionali direttamente coordinante da un’agenzia istituzionale centrale. Ovvero un organo istituzionale apicale, che vigili in collaborazione con l’attività della magistratura e che promuova un impegno sinergico di aziende e lavoratori e che riesca a incidere sul numero degli incidenti sul lavoro.

(*) Queste le parti dell’accordo richiamato dalla direttiva riguardanti la valutazione dei rischi:

“Clausola 5: Valutazione dei rischi.

1. La valutazione dei rischi deve avvenire nei modi previsti dagli articoli 3 e 6 della direttiva 2000/54/CE e dagli articoli 6 e 9 della direttiva 89/391/CEE.
2. La valutazione dei rischi dovrà includere la determinazione dell’esposizione e la consapevolezza dell’importanza di un ambiente di lavoro ben organizzato e dotato delle necessarie risorse e riguarderà tutte le situazioni che comportano la presenza di ferite, sangue o altro potenziale vettore di infezione.

3. La valutazione dei rischi terrà conto della tecnologia, dell’organizzazione del lavoro, delle condizioni lavorative, del livello delle qualificazioni, dei fattori psicosociali legati al lavoro e dell’influenza dei fattori connessi con l’ambiente di lavoro. Ciò consentirà:

  • di determinare come eliminare l’esposizione,
  • di prevedere possibili alternative.

Clausola 6: Eliminazione, prevenzione e protezione.

1. Qualora la valutazione dei rischi evidenzi la presenza di un rischio di ferite da taglio o da punta e/o di infezione, l’esposizione dei lavoratori deve essere eliminata adottando le misure indicate in appresso, senza rispettarne necessariamente l’ordine di priorità:

  • definizione e attuazione di procedure di utilizzo e di eliminazione sicure di dispositivi medici taglienti e di rifiuti contaminati. Tali procedure saranno valutate periodicamente e costituiranno parte integrante delle misure di informazione e formazione dei lavoratori di cui alla clausola 8,
  • soppressione dell’uso non necessario di oggetti taglienti o acuminati introducendo modifiche nella pratica e, sulla base dei risultati della valutazione dei rischi, fornendo dispositivi medici dotati di meccanismi di protezione e di sicurezza,
  • divieto con effetto immediato della pratica di reincappucciamento degli aghi.

2. Tenuto conto dell’attività e della valutazione dei rischi, è necessario ridurre al massimo il rischio di esposizione al fine di proteggere in maniera adeguata la salute e la sicurezza dei lavoratori interessati. Saranno applicate le seguenti misure in funzione dei risultati della valutazione dei rischi:

— messa in atto di procedure efficaci di eliminazione dei rifiuti e installazione di contenitori debitamente segnalati e tecnicamente sicuri per la manipolazione e lo smaltimento di dispositivi medici taglienti e di materiale d’iniezione usa e getta quanto più vicino possibile alle zone considerate in cui siano utilizzati o depositati oggetti taglienti o acuminati,

— prevenzione del rischio di infezione grazie all’applicazione di sistemi di lavoro sicuri, mediante:
a) l’elaborazione di una politica globale e coerente di prevenzione che tenga conto della tecnologia, dell’organizzazione del lavoro, delle condizioni di lavoro, dei fattori psicosociali legati all’esercizio della professione e dell’influenza dei fattori legati all’ambiente di lavoro;
b) la formazione;
c) la messa in atto di procedure di sorveglianza sanitaria, conformemente all’articolo 14 della direttiva
2000/54/CE;

— l’utilizzo di dispositivi di protezione individuale.

3. Qualora la valutazione di cui alla clausola 5 riveli la presenza di un rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori a causa della loro esposizione ad agenti biologici contro i quali esistono vaccini efficaci, sarà loro proposta la vaccinazione.

4. La vaccinazione e gli eventuali richiami dovranno rispettare la legislazione e/o le pratiche nazionali, anche quelle relative alla scelta del tipo di vaccino.

— I lavoratori saranno informati circa i vantaggi e gli inconvenienti sia della vaccinazione sia della non vaccinazione.
— La vaccinazione dovrà essere dispensata gratuitamente a tutti i lavoratori e studenti che prestano cure medicosanitarie
o svolgono attività affini nel luogo di lavoro”.

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