BRUXELLES – Pubblicato dalla Comunità Europea il documento Industrial Relations in Europe 2012 – Rapporto 2012 sulle relazioni industriali in Europa, documento che fornisce una panoramica dei recenti sviluppi nei rapporti collettivi tra datori di lavoro, sindacati ed enti pubblici in tutta l’UE.
Il rapporto combina analisi quantitative e qualitative, si avvale del contributo di esperti ricercatori europei ed esamina il dialogo sociale e le relazioni industriali a vari livelli: locale, aziendale, regionale, nazionale ed europeo.
Si concentra su quattro punti:
- come il dialogo sociale può fare la differenza per la vita lavorativa dei cittadini europei, ad esempio nel miglioramento della salute e della sicurezza sul lavoro e delle condizioni di lavoro;
- lo stato in cui si trovano la pubblica amministrazione, l’istruzione e la sanità, alla luce dei tagli alla spesa del governo in molti Stati membri;
- il dialogo sociale in Europa centrale e orientale;
- il coinvolgimento delle parti sociali in materia di disoccupazione e di riforme dei sistemi pensionistici, nella transizione verso un’economia sostenibile e meno dipendente dai combustibili fossili.
Il coinvolgimento dei rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro (le “parti sociali”) in materia di riforme è di vitale importanza, in quanto le soluzioni trovate attraverso il dialogo sociale, tendono ad avere una più ampia accettazione nella società, sono più facili da realizzare nella pratica e riducono la possibilità di provocare conflitti sociali. Gli accordi consensuali che coinvolgano le parti sociali, aiutano quindi a garantire la sostenibilità a lungo termine delle riforme economiche e sociali.
A conferma di ciò il rapporto evidenzia che i Paesi in cui il dialogo sociale è una realtà consolidata e la messa in atto di relazioni industriali è forte, sono generalmente quelli in cui la situazione economica e sociale è più solida e meno sotto pressione.
La crisi economica e finanziaria ha messo a dura prova le relazioni industriali nel settore pubblico in quanto i governi hanno individuato in questo settore, che impiega circa il 25% della forza lavoro dell’UE, un elemento chiave per il miglioramento dei conti pubblici e per la riallocazione di risorse a favore di altri settori.
Le misure adottate in questo periodo di crisi hanno incluso tagli di spesa, blocco dei pagamenti, riduzioni di posti di lavoro e, in alcuni casi, hanno comportato riforme strutturali dei sistemi di contrattazione collettiva.
In alcuni Paesi questo processo si è sviluppato con un approccio più equilibrato conservando la possibilità di soluzioni collettivamente concordate tra sindacati e imprenditori. Altrove i metodi scelti per attuare le decisioni hanno spesso escluso il ricorso al dialogo sociale con la conseguenza che in molti Stati membri gli interventi attuati dal governo hanno scatenato un’ondata di conflitti sociali e hanno evidenziato la natura controversa di alcune delle misure di riforma che non erano oggetto di dialogo sociale.
Il rapporto evidenzia che questo fenomeno è più rimarcato nei Paesi che hanno ricevuto assistenza finanziaria da parte dell’Unione europea e del Fondo monetario internazionale, in quanto chiamati ad attuare rapide e drastiche riforme per ottemperare ai loro obblighi nei confronti della Comunità.
Per quanto riguarda i Paesi dell’Europa centrale e orientale la situazione in tema di dialogo sociale è abbastanza eterogenea. In generale, con la notevole eccezione della Slovenia, si assiste alla presenza di sistemi in cui l’istituzione di relazioni industriali è molto debole e frammentata. In certi casi alcune riforme hanno minato alla base la partecipazione delle parti sociali al processo di cambiamento generando forti conflitti economici e sociali.
Il rapporto mostra che rivitalizzare sistemi nazionali di relazioni industriali, al fine di promuovere e ripristinare il consenso, è essenziale per garantire la sostenibilità a lungo termine delle riforme economiche e sociali in atto.
Altre questioni esaminate nel rapporto riguardano il coinvolgimento delle parti sociali in materia di disoccupazione e di riforme del sistema pensionistico e nella transizione verso un’economia più sostenibile e meno dipendente dai combustibili fossili.
Mentre in Paesi come Belgio, Francia, Paesi Bassi e Spagna i sindacati sono stati coinvolti nel processo di riforma delle pensioni, altrove il ruolo delle parti sociali è stato minimo, con conseguente conflitto.
Per quanto riguarda il cambiamento climatico, il rapporto mette in risalto che le attività delle parti sociali in questo settore sono in aumento e che il loro atteggiamento verso l’agenda verde è sempre più solidale.
Per approfondire: Industrial Relations in Europe 2012.