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Morti in agricoltura e incidenti in itinere, gli allarmi di Carlo Soricelli

BOLOGNA – Pensionati e lavoratori che muoiono in agricoltura in incidenti accorsi con il proprio trattore, i morti in itinere, l’edilizia. Questi i temi ricorrenti e sovente trattati da Carlo Soricelli, fondatore e primo firmatario dell’ “Osservatorio indipendente di Bologna sulle morti per infortunio sul lavoro”. Un blog, un punto del web nato il 1° dicembre del 2008 dopo la tragedia della Thyssenkrupp, che raccoglie segnalazioni riguardanti tragici incidenti sul lavoro. Voce non istituzionale, che contribuisce quotidianamente a mantenere alta l’asticella del pensiero comune nei riguardi della sicurezza sul lavoro, quantificando incidenti a volte ai bordi dell’immaginario collettivo come quelli appena citati dei pensionati agricoltori che da soli rappresentano molti dei decessi in agricoltura. Dati e nomi, che qualsiasi sia il punto di vista, e comunque debbano essere considerati, sono ancora spaventosi e raccontano di un’umanità a rischio e che muore sul lavoro, nei propri poderi, in viaggio. Dati monito e sprone per un’ ulteriore indispensabile stretta sulle regole destinate alla prevenzione, al controllo, alla tutela.

Sig. Soricelli, la prima riga del suo perenne primo post dell’osservatorio, post che purtroppo aggiorna quasi quotidianamente, aggiornandolo nei numeri, dice: “Dall’inizio dell’anno al 27 settembre 2011 ci sono stati 484 morti per infortuni sui luoghi di lavoro, ma si arriva a contarne oltre 800 se si aggiungono i lavoratori deceduti sulle strade e in itinere”. Ancora un costante flagello.

Purtroppo si e continuando citando gli stessi dati posso aggiungere che paragonando lo stesso periodo dello scorso anno c’è stato un aumento del 14,3%.

Tra le ultime vittime purtroppo segnalate al 27 settembre ci sono un agricoltore, un netturbino, tre operai, un autotrasportatore. L’agricoltura, l’edilizia e la strada, le morti in itinere. Tre aspetti sui quali spesso richiama l’attenzione e per i quale lancia periodici allarmi.

L’agricoltura è un settore ad alto rischio, soprattutto se consideriamo il fatto che sono agricoltori in attività anche migliaia di over 65 e pensionati che quotidianamente vanno sui campi con i loro mezzi. È un aspetto per il quale mi batto da tempo. Gli incidenti con il trattore sono una piaga, che ogni anno uccide decine di persone, persone per le quali dobbiamo pretendere regole ferree e considerazioni maggiori. Gli over 65 che sono rimasti coinvolti in incidenti con il trattore, schiacciati dal ribaltamento del proprio mezzo sono a oggi 95, il 20% di tutti le morti sul lavoro da noi registrate. Sono numeri importanti, da capire, sui quali riflettere e per i quali approntare delle misure preventive e cautelative. Come l’obbligo del rinforzo delle cabine che possano in questo modo resistere agli urti e ai ribaltamenti e reiterati esami di guida che verifichino lo stato di salute e l’idoneità delle persone che si mettono alla guida.

Dal suo blog si legge che il numero dei morti riportato riguarda gli incidenti sul posto di lavoro, e che se sommassimo a questi gli incidenti in itinere potremmo arrivare addirittura a quota 800.

Gli incidenti in itinere sono un altro dramma, un dramma che va considerato e che coinvolge purtroppo centinaia di persone. Un aspetto che credo evidenzi quanto sia importante porre l’accento su quanto sia differente la realtà attuale dal pensiero comune secondo il quale per esempio i settori e i luoghi pericolosi sono soltanto le grandi fabbriche e le grandi strutture.
C’è rischio in questi settori certo, ma sono più tutelati da una struttura sindacale, da strutture aziendali che rispettano gli obblighi previsti dalla normativa e che conducono a delle prassi determinate. Occorre però concentrare l’attenzione anche su ambienti e ambiti differenti, per i quali comunemente non si suppone un rischio elevato come in realtà è. L’agricoltura è uno di questi, a seguire gli spostamenti, l’edile e le piccole realtà, le piccole aziende dove a volte per minori risorse si va incontro al rischio e a minore tutela del lavoro. Dove è meno presente la regola e il controllo sindacale. Fattori capaci di ridurre l’impatto dell’errore umano, il fattore umano. Un fattore che a mio avviso non può essere mai considerato come una possibile causa di incidente, o come una variabile che da un momento all’altro può avverarsi. Le leggi, la prevenzione, i sistemi di protezione sono adibiti ed esistono per eliminare il fattore umano. Il lavoratore deve essere messo nelle condizioni di poter sbagliare ma non rimettendoci la vita. I sistemi di protezione e le prassi devono sostenere la persona che può sbagliare e tutelarne l’incolumità. Questo credo sia un ragionamento corretto, pensi per esempio alle cadute dall’alto.

Le morti in cantiere, di cui segnala ben 124 casi, il 26% dei totali da lei registrati e gran parte dei quali dovuti a cadute dall’alto.

Se in tutti i cantieri ci fossero protezioni e venissero rispettate alla lettera le regole e le possibilità di prevenzione potremmo ridurre enormemente il numero di incidenti. Una persona può cadere dall’alto perché non legata, non protetta, lavorando in condizioni precarie. Se intorno a un operaio fossero sempre attivate tutte le misure adatte, potremmo vedere quanto un errore sarebbe assorbito e quanto le morti subirebbero una drastica riduzione. Molti sono gli operai morti nell’edile, molti stranieri, e di questi il il 40% è rumeno. I rumeni sono nostri fratelli, abbiamo origini e storie fuse. Subiscono quotidianamente una strage, che li porta spesso a morire in lavori irregolari.

Chiudiamo ancora ricordando le morti in itinere.

Ripto, se sommiamo i morti sul lavoro, sul posto di lavoro a quelli in itinere le cifre raddoppiano. Gli incidenti in itinere non possono essere considerati fatalità. Sono anch’essi figli delle condizioni di lavoro e dipendono dalla distanza, dalla stanchezza, dai mezzi. Pensiamo a operai immigrati che ogni settimana viaggiano dal nord al sud dell’Italia su mezzi vecchi, tutti insieme, dopo cinque giorni di lavoro. Non sono situazioni a rischio? Anche in questo caso, se il lavoro è irregolare, sarà impossibile poi per INAIL quantificare una tale mole di incidenti. E per le famiglie quanto sarà arduo poi ottenere un riconoscimento dell’incidente, un risarcimento, un giusto e momentaneo sollievo?

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