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Epatite E, una zoonosi occupazionale emergente, fact sheet Inail

ROMA – Epatite E, cos’è, dove è maggiormente diffusa, la prevenzione, perché occuparsene nell’ambito lavorativo. Pubblicata online da Inail lo scorso 25 marzo, una scheda a titolo Epatite E una zoonosi occupazionale emergente, documento nel quale riassume in maniera didascalica quale sia il reale rischio infezione, quale la trasmissione, come prevenirlo.

Cos’è l’Epatite E, trasmissione

È una malattia virale acuta, generalmente autolimitante e molto raramente soggetta a cronicizzazione, con caratteristiche cliniche simili a quelle dell’epatite A. […] L’infezione è presente in tutto il mondo anche se prevale, sotto forma di epidemie e casi sporadici, nei Paesi in via di sviluppo con basso livello socio-economico, in particolare in Asia, Medio Oriente, Africa e America Centrale (Figura 1). Di recente casi sporadici sono stati rilevati nei Paesi industrializzati, Italia compresa, anche in soggetti che non avevano soggiornato in aree endemiche per la patologia”.

Responsabile della diffusione di tale epatite è il virus HEV identificato nell’uomo negli anni ’80, tale virus si trasmette principalmente per via oro-fecale e da animale a uomo, dal suino all’uomo in gran parte, con i casi di trasmissione interumana finora rilevati raramente.

Una zoonosi quindi, endemica nei Paesi in via di sviluppo e che negli ultimi anni ha trovato terreno anche in Italia come negli altri Pesi industrializzati.

Così un articolo a tema pubblicato il 24 luglio 2014 da Epicentro Iss. “L’epatite E, nota per essere in molti Paesi in via di sviluppo un’infezione endemica a trasmissione oro-fecale, si presenta oggi nei Paesi industrializzati come una malattia emergente. In questi Stati, infatti, anche se la maggior parte dei casi continua a riguardare persone di ritorno da viaggi in aree endemiche, si registra un aumento del numero di casi autoctoni segnalati”.

“In Italia vi è una sottostima del fenomeno. Nonostante valori alti di prevalenza di anticorpi anti-Hev nell’uomo, riportati da diversi studi condotti negli anni Novanta (dell’1-3% circa nel Centro-Nord e del 3-6% nel Sud e nelle Isole), l’effettivo numero di casi di epatite acuta E diagnosticati e notificati al Seieva è, infatti, relativamente basso” (Leggi: Epicentro Iss Sorveglianza epatite E in Italia).

Come già detto il suino è il maggiore vettore, ma anche bovini, ovini, polli, gatti e roditori possono esserlo. La trasmissione è principalmente per via oro-fecale, ma esistono casi di trasmissione per ingestione di prodotti crudi o poco cotti (suino e selvaggina), quindi la pratica trasfusionale e xenotrapianti.

Sicurezza sul lavoro

Le categorie di lavoratori che possono essere interessate quindi da tale rischio sono allevatori, personale addetto agli animali, veterinari, macellatori. Essendo il virus eliminato con le feci, possono essere annoverati nei settori a rischio anche i lavoratori in contatto con reflui da allevamento.

Per quanto riguarda la prevenzione, se nei Paesi in via di sviluppo condizioni igienico-sanitarie adeguate e acqua potabile potrebbero già rappresentare la migliore arma sull’infezione endemica, ovunque a livello occupazionale sarebbe opportuno l’utilizzo di DPI e la valutazione dei rischi, il monitoraggio della salute degli animali e della biosicurezza degli allevamenti.

L’attenzione sul lavoro è da porre sugli animali infetti e sugli strumenti contaminati. Da qui segnala la scheda: “le diverse categorie di lavoratori potenzialmente esposte al virus devono adottare tutte le misure di protezione (misure tecniche e organizzative, adozione di idonei DPI, ecc.) disponibili, tenuto conto delle specifiche attività lavorative e sulla base della valutazione dei rischi effettuata. ai sensi del D.Lgs 81/08 e s.m.i. Tra le misure comportamentali è molto importante il lavaggio delle mani. È inoltre fondamentale una corretta informazione, formazione e addestramento delle figure professionali a contatto con animali e/o parti di animali potenzialmente infette”. Segnalato quindi il ruolo del medico competente nell’esposizione accidentale e nel monitoraggio degli eventuali sintomi.

Questo riporta il Teso Unico sicurezza lavoro: “L’allegato XLVI del D.Lgs 81/08 e s.m.i. considera il virus dell’epatite E come appartenente alla famiglia Caliciviridae (nella quale era stato provvisoriamente inserito in attesa di uno studio del genoma più approfondito) e lo classifica nella classe 3** (comportante un rischio di infezione limitato perché normalmente non veicolato dall’aria)”.

Info: Epatite E una zoonosi occupazionale emergente

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