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Portuali, si guarda con crescente attenzione alla sicurezza, in Italia e all’estero.

ROMA – Il lavoro nei porti presenta spesso molti aspetti di rischio. Benché, per il numero ridotto di occupati in questo settore su scala nazionale, il loro rischio non emerga particolarmente nelle statistiche, se confrontato con le cifre di agricoltura ed edilizia.
In molti paesi questa categoria si sta dando da fare per dimostrare che, invece, rischi specifici ce ne sono.
È recentissima, ad esempio, la pubblicazione di una ricerca francese sulla rivista ‘Viva’, dedicata ai temi della salute sul lavoro, che mostra come tra questi lavoratori vi sia un’incidenza piuttosto alta di tumori che non è riconducibile al tabagismo e che va oltre i casi noti e legati all’esposizione ad amianto degli anni ’80.
Nella ricerca pubblicata a marzo si riporta che, su 190 portuali del porto di Nantes, 87 hanno sviluppato malattie, tra cui 61 casi di tumore e 35 sono i morti. Tra i 160 lavoratori del porto di Saint-Nazairem, invece, quelli che si sono ammalati sono stati 43 e di questi 17 sono morti.  Stando a quanto affermano gli autori la situazione sarebbe simile, e dunque preoccupante, anche negli altri porti della Franci: la causa che viene ipotizzata è quella dell’esposizione ripetuta a numerose sostanze chimiche cancerogene – come pesticidi, gas e funghicidi –  con cui sono trattate le diverse merci in arrivo e partenza che i portuali caricano e scaricano su navi e camion.
Le malattie correlate al lavoro andrebbero così ad aggiungersi a tutti gli incidenti che derivano da carico e scarico delle merci nelle banchine, che non sono comunque in numero trascurabile.
Guardando a quello che avviene invece in Italia, ci si trova di fronte al fatto che quanto disposto dal Testo Unico 81/08 per la sicurezza sul lavoro ha avuto non poche difficoltà ad essere applicato concretamente a questo settore dove i lavoratori cambiano continuamente datore di lavoro, spesso andando sotto compagnie straniere, e dove la specificità, anche tecnica, degli ambienti di lavoro rende difficoltoso tradurre delle norme pensate soprattutto per edilizia e industria per l’applicazioni su navi e banchine.
Considerata anche questa situazione di particolare criticità per i lavoratori del settore, la Capitaneria di Porto di Gioia Tauro, insieme all’Autorità Portuale e l’ASP di Reggio Calabria, hanno deciso di coordinarsi per garantire dei controlli sulla sicurezza più puntuali, specifici e mirati al contesto lavorativo. Si tratta di una iniziativa annunciata pochi giorni fa e che è piaciuta al Coordinamento Portuali di Gioia Tauro e anche al SUL, il Sindacato Unitario dei Lavoratori il cui segretario regionale per la Calabria è l’Ing. Carmelo Cozza.

Secondo queste rappresentanze il contesto portuale sarebbe un ambiente ad alto rischio e i controlli, soprattutto se fatti in maniera ben coordinata tra le differenti autorità che operano nei porti, che a volte sembrano più che altro intralciarsi e generare confusione, devono essere considerati un punto di partenza non solo per individuare e reprimere le irregolarità che mettono a rischio la vita dei lavoratori ma, ancora a monte, per responsabilizzare e diffondere una maggiore cultura della sicurezza. “Quello che a questo punto mancherebbe – ha fatto sapere Cozza in una nota – è la riattivazione del Comitato Igiene e Sicurezza del Lavoro da parte dell’Autorità Portuale di Gioia Tauro. Questa è una misura prevista addirittura nel Decreto Legislativo 272 del 99, per la precisione dall’articolo 7, e sarebbe un punto fondamentale per il coinvolgimento dei lavoratori nelle tematiche della sicurezza”.
Il comitato a cui fa riferimento il segretario del SUL Calabria dovrebbe essere presieduto, così prevede la legge, dall’Autorità Portuale e comprendere all’interno anche rappresentanze tanto dei datori quanto dei lavoratori.
Questo comitato dovrebbe poi riunirsi per fare delle proposte concrete per la sicurezza sia dal punto di vista della prevenzione degli infortuni che per la tutela della salute di chiunque operi all’interno del complesso portuale.

 

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