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Rapporto sulla coesione sociale 2011, ministero Lavoro, INPS, Istat

ROMA – INPS, Istat e ministero del Lavoro hanno presentato il “Rapporto sulla coesione sociale 2011”. Il rapporto è redatto in due volumi: il primo è dedicato a definire gli indicatori utili a descrivere la realtà socioeconomica del nostro paese, il secondo è composto da tavole statistiche su dati aggiornati al 2010 che, grazie all’utilizzo di banche dati provenienti da fonti nazionali, europee (Eurostat), e internazionali (Ocse) permettono una comparazione dei dati su base regionale, europea e globale.

Obiettivo del rapporto è restituire un quadro affidabile della situazione nel nostro paese e la sua collocazione in ambito internazionale con l’intento di facilitare i processi decisionali di chi deve intervenire sulle situazioni più critiche. Per facilitare la lettura dei dati le informazioni sono raggruppate in tre macroaree.

Un prima sezione è relativa alla descrizione del contesto socio demografico, del contesto economico e del contesto del mercato del lavoro. La seconda area è relativa ai dati sulla famiglia e sulla coesione speciale; sono qui trattati i temi del capitale umano, della conciliazione tempi di lavoro – tempi di vita e della povertà. La terza area è relativa alle politiche di sostegno al reddito (tra cui maternità, disoccupazione, pensioni e invalidità) e alle spese per i servizi socio assistenziali.

Per quanto riguarda il contesto socio demografico la lettura incrociata dei dati presenta l’Italia come uno dei paesi più vecchi al mondo, fenomeno dovuto al costante aumento delle aspettative di vita (79,2 anni per gli uomini e 84,4 anni per le donne) e al basso indice di fecondità: 1, 31 il numero medio di figli per ogni donna italiana.

Nonostante questo la popolazione italiana è in lieve aumento, grazie anche ai fenomeni migratori. Al 1° gennaio sono 60 milioni e 626mila i residenti in Italia di cui l’8% sono cittadini stranieri, in aumento dallo scorso anno di 335mila unità.

Il contesto del mercato del lavoro mostra un’Italia in cui il livello di occupazione e retribuzione può mostrare forti differenze a seconda dell’età e della provenienza degli occupati. Il dato generale dell’occupazione nel secondo trimestre 2011 (23 milioni e 94mila occupati, uomini e donne, tra i 15 e i 64 anni ) è stabile. Il tasso di disoccupazione generale si attesta sul 7,8% ma riferito alla fascia dei giovani è sensibilmente più alto (27,4%).

La media dei lavoratori dipendenti è rimasta stabile a livello nazionale, ma presenta differenze regionali: massimo aumento si registra in Lombardia (+1%) e massima flessione in Campania (-1,4%). In calo anche i contratti a tempo indeterminato (-0,5%) e in modo particolarmente accentuato per le categorie dei giovani (-7,9%). In aumento la forza lavoro femminile che però spesso è titolare di contratti di lavoro a tempo parziale, in media tre volte più degli uomini.

Per quanto riguarda le retribuzioni queste possono variare sensibilmente sia in base all’età, che alla nazionalità degli occupati. Le retribuzioni variano anche in modo significativo a seconda delle diverse regioni italiane. Ad esempio, in base all’età le retribuzioni di dipendenti iscritti all’INPS possono andare dai 44,70 euro al  giorno per lavoratori sotto i 20 anni ai 108,10 euro per lavoratori tra i 55 e i 59 anni.

In merito al capitale umano l’Italia detiene un altro primato negativo: la percentuale di ragazzi che abbandonano gli studi è tra le più alte in Europa: il 18,8% a fronte di una media europea che si attesta al 13,9%. Obiettivo europeo da raggiungere per il 2020 dovrebbe essere un massimo del 10% di abbandoni.

Negli ultimi anni è progressivamente migliorata la possibilità di conciliare tempi di lavoro e tempi familiari ma il carico di lavoro casalingo e di cura della prole incide ancora in modo pesante sulla vita delle donne che si fanno carico del 71,3% del carico di lavoro.

Le condizioni di povertà in Italia sono peggiorate per le famiglie numerose, e in particolare nelle famiglie con figli minori, residenti nell’Italia meridionale, dove convivono più generazioni, e per le famiglie con un unico genitore.

Insieme agli  altri paesi europei della fascia meridionale l’Italia è tra quelli in cui più di un quinto della popolazione (il 22%) è a rischio di povertà o esclusione sociale e in cui è più pesante la diseguaglianza di distribuzione del reddito.

In questo quadro socio economico, familiare e di coesione sociale si inseriscono le politiche di sostegno al reddito che nel 2010 sono intervenute in  favore:

  • Delle donne che hanno beneficiato di astensione obbligatoria per maternità (380 mila circa nel 2010);
  • dei lavoratori, uomini e donne, che hanno usufruito dei congedi parentali (286.000 circa tra i lavoratori dipendenti di cui il 10% uomini);
  • delle politiche attive del lavoro, di cui si sono avvalse soprattutto le imprese del Nord;
  • dei disoccupati, provvedimento che nel 2009 ha raggiunto il 66,9 % di beneficiari in più dell’anno precedente;
  • dei lavoratori in mobilità e in cassa integrazione;
  • delle famiglie con figli a carico che possono quindi beneficiare di assegni familiari.

Dal punto di vista delle pensioni, al 31 dicembre 2010  sono 16 milioni 708mila i pensionati in Italia, il 47,1% residente al Nord, il 19,5 al centro, il 20,6 % al sud e il 9,9% nelle Isole.
La fascia di età più numerosa tra i pensionati è quella degli ultra ottantenni  che sono 3 milioni 732mila. Il 49,9% dei pensionati ha un reddito da pensione inferiore a 1000 euro, il 37,4% tra i 1000 e i 2000 e il 13, 2 % oltre i 2000 euro. Circa il 25% dei pensionati, 4 milioni e 480mila, riceve una pensione di invalidità o un assegno sociale.

In ultimo il report relaziona sulle spese per servizi socio assistenziali sostenute dalle amministrazioni locali e mostra significative differenze sul territorio nazionale. Il dato generale ci dice che in Italia nel 2008 è stato speso per servizi sociali lo 0,42% del PIL nazionale, in media 111 euro a testa, ma se scorporiamo il dato su base territoriale la differenza balza agli occhi e si va dai 30 euro pro capite spesi in Calabria ai 280 euro spesi per ogni cittadino della provincia autonoma di Trento.

Per approfondire: Rapporto sulla Coesione Sociale anno 2011.

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