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Sentenza n° 7373: la Cassazione rigetta il ricorso di un lavoratore disabile

ROMA – Con la sentenza n. 7373 del 27 Gennaio 2010, la Corte Suprema di Cassazione, Sezione lavoro, ha riconosciuto l’infondatezza della richiesta di riconoscimento di un infortunio in itinere, presentata da un lavoratore delle Poste portatore di handicap, che si era infortunato cadendo dalle scale  di un’uscita secondaria dell’ufficio, non normalmente utilizzata dai dipendenti.

Il Tribunale nel giudizio di I grado aveva riconosciuto l’infortunio in itinere per il caso di specie, e riconosciuto l’indennizzo per l’invalidità subita oltre il risarcimento del danno biologico, morale e patrimoniale da parte delle Poste.

Nel giudizio di merito, la Corte di Appello ha riformato la sentenza del Tribunale, rigettato la domanda nella parte in cui riteneva che l’incidente fosse stato causato da un “comportamento anomalo del lavoratore”, da una sua scelta personale, non addebitabile alla responsabilità del datore di lavoro e quindi tale da escludere il ricorrere dell’infortunio in itinere.

La parte ha quindi proposto ricorso in Cassazione per ottenere un risarcimento ulteriore rispetto alla rendita già riconosciuta da parte dell’Inail e sostenendo di non aver avuto un “comportamento abnorme” nell’utilizzare, accompagnato dal padre, l’uscita secondaria, normalmente usata per il carico e scarico merci, priva del passamano e non adeguatamente attrezzata in termini di sicurezza, perchè più vicina alla propria autovettura, posto che fuori imperversava un temporale.

Considerando che gravava sul lavoratore l’onere di provare la possibilità di non utilizzare l’uscita principale, riservata ai dipendenti, ed il fatto non era stato motivato nel corso del giudizio, e che la scelta del lavoratore escludeva qualsiasi tipo di responsabilità da parte del datore di lavoro, nel caso di specie rappresentato dall’azienda Poste, la Corte ha rigettato il ricorso proposto dal lavoratore, rilevando l’infondatezza dei motivi addotti e a motivo della propria decisione ha sostenuto che: “non vi sia un rapporto di causalità tra comportamento aziendale ed evento infortunistico, perchè la caduta si è verificata a causa della scelta del lavoratore ( e del padre che lo accompagnava) di fare un percorso che li avrebbe condotti più vicino al posto dove si trovava la propria autovettura, ma che non era il percorso ordinario per uscire dal luogo di lavoro,…. che la scelta attribuibile solo al lavoratore costituisca un comportamento anomalo ed abnorme che esclude ogni responsabilità del datore di lavoro”.

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