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Intervista a Francesco Mongioì, Rls e ideatore del sito zerorischi.it

ROMA – Francesco Mongioì, esperto della Sicurezza sul Lavoro, è  nato a Catania nel 1955. Dal 1996 lavora, come operaio, in un’azienda di trasformazione materie plastiche in Alto Adige che produce componenti per automobili. Ha ricoperto e ricopre le cariche di R.S.U e R.L.S, iscritto UILCEM e membro della segreteria in Alto Adige. Da pochi mesi coordina i RLS iscritti alla camera sindacale UIL-SGK dell’Alto Adige. Si occupa da anni di sicurezza sul lavoro, tenendosi costantemente aggiornato attraverso corsi specifici di formazione. Ha ideato e gestisce il sito www.zerorischi.it.
Quotidiano Sicurezza gli ha posto alcune domande.

Quando nasce e come vive il suo impegno per la sicurezza sul lavoro?
«Nel 2000 sono stato eletto RSU, impegno del tutto nuovo per me e ho, quasi subito, capito come fosse necessario dedicare energie alla tutela della sicurezza dei lavoratori che non avevano riferimenti validi fra i rappresentanti sindacali. L’azienda ha fatto parecchia resistenza, inizialmente, provando a rifiutare il confronto con me, sostenendo che solo i RLS potevano occuparsi di sicurezza sul lavoro. La legge (la 626) diceva altro e sono riuscito a fargliene prendere atto. Alle successive elezioni mi sono candidato anche come RLS, sono stato eletto. Il rapporto è migliorato, nel senso che non hanno più provato a non riconoscermi legittimità. Più mi occupavo della materia, però, più capivo che il confronto era sbilanciato a favore dell’azienda. Non avendo formazione specifica, quella riservata ai RLS, 32 ore, è ridicola, ero sempre costretto a esprimere opinioni, ogni volta che dovevo intervenire, piuttosto che ragionare con piena cognizione di causa. Ho deciso che il confronto dovesse essere alla pari. Nel 2006 mi sono iscritto a un corso per Esperto della Sicurezza sul Lavoro. Ho imparato moltissime cose, ho conseguito la qualifica e potendo io stesso svolgere le funzioni di RSPP, mi confronto alla pari con il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione in azienda. Svolgo attività sindacale perché ritengo e spero di poter essere utile ai miei colleghi, ma per essere utili bisogna essere competenti e per essere competenti bisogna studiare. Studio, m’informo, mi aggiorno, perché è l’unico modo per essere di una qualche utilità a me stesso e agli altri.»

Come nasce e cos’è  www.zerorischi.it?
«ZeroRischi nasce dalla maturazione dell’idea che la sicurezza sul lavoro manca di cultura e divulgazione. Ritengo che ogni cittadino debba fare la propria parte, per quanto piccola, per contribuire al miglioramento della società. Nel mio piccolo, con www.zerorischi.it, contribuisco al formarsi e alla divulgazione di quella sicurezza sul lavoro che, troppo spesso, si chiama in causa, perché mancante, come responsabile delle sofferenze che seguono a ogni infortunio che abbia come conseguenza la morte o l’invalidità permanente di un lavoratore.
Essendo semianalfabeta, come informatico, mi sono fatto aiutare da un amico, per la pubblicazione e per il resto faccio da solo. Pubblico le notizie, che trovo nella rete, facendo link alle fonti, sui morti durante il lavoro. Commento le sentenze della Corte di Cassazione di cui riesco ad avere notizia. Pubblico le mie considerazioni.  Ogni volta che pubblico qualcosa, invio un invito alla lettura alla mia lista di indirizzi che comprende anche rappresentanti istituzionali a vari livelli (li ho inseriti d’autorità e solo una parlamentare europea ha chiesto di essere cancellata).  Entro quest’anno, spero, ZeroRischi diventerà un’associazione di promozione sociale, per rendere l’attività a favore della tutela della sicurezza dei lavoratori durante il lavoro più efficace e qualificata. Esistono, però, anche altri rischi nella vita dei cittadini, oltre a quelli derivanti dall’attività lavorativa e provo a occuparmi anche di quelli, ma bisogna fare di più e meglio.»

Le statistiche parlano di trend positivo ma ancora troppo spesso c’è chi sul lavoro perde la vita o la salute. A suo giudizio quali sono le cause principali?
«Si tratta di un falso trend positivo. C’è stato un leggero miglioramento perché è diminuito il lavoro, è calato il numero degli occupati. Durante un recente colloquio telefonico, un funzionario territoriale dell’INAIL mi ha confermato che le aziende fanno sicurezza per adempimenti burocratici, non hanno piena convinzione che sia necessario valutare i rischi e adottare le conseguenti misure di prevenzione e protezione. Le aziende considerano le attività di prevenzione e protezione un costo, piuttosto che un investimento, e non riescono a capire che far lavorare i propri dipendenti in sicurezza migliorerebbe qualità e redditività. Anche il cattivo funzionamento degli ispettorati del lavoro, contribuisce a mantenere alto il numero d’infortuni, morti e invalidi. Ci sono pochi ispettori, poco formati. Le aziende hanno la quasi certezza di non ricevere ispezioni per periodi lunghissimi e quando ne ricevono una, possono contare sulla scarsa formazione degli ispettori. Se gli imprenditori non maturano cultura della sicurezza, è anche perché hanno la quasi certezza dell’impunità per la violazione delle normative.»

Quanto conta la formazione nella sicurezza sul lavoro?
«La formazione è fondamentale! Moltissimi rischi si possono prevenire con una semplice attività di formazione e informazione dei lavoratori. Conosci te stesso è il motto iscritto sul tempio dell’oracolo di Delfi e che riassume benissimo l’insegnamento di Socrate, io so di non sapere. La digressione filosofica, mi serve per sostenere l’importanza della formazione: se conosco i rischi, posso evitarli, cosa possibile solo attraverso la formazione. I lavoratori devono essere formati se vogliamo salvargli la vita, tutelare la salute, e ancor più i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza, cui la legge assegna delle prerogative, che hanno il confronto più diretto con il Datore di Lavoro. Valutando fondamentale la formazione, da alcuni mesi, coordino i RLS della Camera Sindacale alla quale sono iscritto. Promuoverò la loro formazione e insieme con loro farò formazione. Non credo che si possa percorrere una strada diversa.»

Quali dovrebbero essere a suo avviso le azioni più urgenti e importanti per contrastare in modo efficace gli infortuni, anche mortali, sul luogo di lavoro?
«Migliorare e favorire l’attività degli ispettorati del lavoro, più personale e meglio formato che sia in grado di eseguire ispezioni anche di notte o nei festivi, in quelle aziende che hanno queste turnazioni. Formare imprenditori e dirigenti di grandi e piccole imprese. Assistere economicamente i piccoli imprenditori che possono non essere in grado di sostenere i costi della sicurezza. Incentivare le attività di formazione dei lavoratori e migliorare l’informazione di tutti i cittadini. Quando l’INAIL ci comunica i dati, sembrano incredibili e il tentativo è di liquidarli come invenzioni giornalistiche: “Ma è vero?”, mi sento chiedere spesso.  Quasi un milione d’infortuni, silenzio sugli invalidi, circa mille morti. Sbucano dal cilindro dell’INAIL una volta l’anno e si fatica a prenderli per veri. Se invece ogni mese si rendesse conto di quello che succede riguardo alla sicurezza sul lavoro, la sensibilità dei cittadini e, perciò, la richiesta d’iniziative efficaci sarebbe diversa. L’INAIL, invece, sostiene che non può dire, di un lavoratore morto oggi, che è morto: deve consolidare il dato. Chiedo da qualche tempo all’INAIL i dati aggiornati, almeno mensilmente, degli infortuni sul lavoro, ma non mi rispondono o sostengono che se non sono consolidati non possono fornirli. Poi, però, come succede in questi giorni, fanno sapere, con toni trionfalistici, che i morti sono finalmente meno di mille, senza spiegare perché. I cittadini, ma anche i politici, si convincono che tutto va bene e nessuno interviene per migliorare le cose. Infine, ma non per ultimo, sarà necessario, dove possibile, riconoscere ai Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza, opportunamente formati, la prerogativa di fermare il lavoro laddove riscontrino la presenza di rischi che lo richiedano.»

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