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Tessile, i sindacati chiedono la messa al bando del processo di sabbiatura. E qualcuno già inizia…

ROMA – I jeans morbidi e dal look vissuto che tanti indossano potrebbero nascondere nelle pieghe del loro processo di produzione la morte di molti lavoratori. A causarla è una malattia un tempo considerata appannaggio dei lavoratori del marmo: la silicosi. Per ottenere quei jeans, infatti, viene spesso utilizzato un procedimento detto sabbiatura e che consiste nello spruzzarvi contro della sabbia con l’aria compressa: il risultato è la morbidezza del capo da una parte, ma anche il rischio di morte dei lavoratori dall’altro. Per questo è in atto un tentativo dei sindacati a livello internazionale per mettere in moratoria questo procedimento, passando attraverso accordi con le aziende in attesa che, con tempi certamente più lunghi, intervenga la legge.
Il nesso tra il procedimento e la malattia è ormai provato, ma attualmente solo la Turchia, che nel 2005 ha visto morire per questo motivo più di 50 lavoratori, ne ha espressamente vietato l’utilizzo. Un divieto che non ha spaventato i produttori, che semplicemente hanno cambiato paese, andando a produrre in Egitto, Cina, Bangladesh e Pakistan, dove la domanda di lavoro è alta e l’attenzione alla salute più bassa.
Una soluzione che però ha prodotto indignazione sia nei  sindacati –  in prima fila la FITTHC – Federazione Internazionale dei lavoratori del tessile, dell’abbigliamento e del cuoio, che in Italia fa capo alla Filctem Cgil che rappresenta lavoratori del comparto chimico, tessile, dell’energia e delle manifattura – e che non ha lasciato indifferenti alcune grande aziende dell’abbigliamento. Dall’incontro tra sindacati ed alcune aziende ‘illuminate’  è scaturito il primo grande risultato: Levis’s e H&M hanno annunciato nelle scorse settimane un piano per bandire la sabbiatura dalle loro prossime linee di prodotto. Le due aziende hanno bloccato tutte le ordinazioni di prodotti sabbiati e già dalla fine dell’anno non avranno più alcuna produzione attiva che utilizzi questa tecnica di rifinitura.

“E’ un primo passo – dice Silvana Cappuccio, Direttrice del Dipartimento per la salute e la sicurezza al lavoro della FITTHC –  ma ci sono obiettivi più grandi da raggiungere. Basti pensare che né in Italia né in Europa c’è un esplicito divieto di utilizzare questo procedimento. Ufficialmente nessuno lo usa ma non possiamo garantire per ciò che avviene  nei laboratori clandestini. Il nostro sindacato si sta muovendo in una duplice direzione e in ottica internazionale, da una parte sensibilizzando istituzioni internazionali come l’Ilo e l’Oms affinché mettano al bando questo procedimento in tutto il mondo, come fatto per l’amianto, e dall’altra parte facendo leva sulle grandi multinazionali del tessile, sia quelle della produzione che quelle della distribuzione, affinché, come Levi’s e H&M, rifiutino in tutta la loro catena di lavorazione le produzioni che utilizzano questa tecnica. Per questo a breve terremo con i rappresentanti di queste aziende un primo tavolo di incontro internazionale”.
I tempi delle istituzioni, si sa, sono lunghi e prima di arrivare ad una messa al bando internazionale potrebbe servire molto tempo e molti altri morti: se invece le grandi aziende si assumessero questa responsabilità sociale i risultati potrebbero arrivare molto prima, tagliando di fatto le basi economiche che sorreggono l’attività di quelle produzioni che con la sabbiatura mettono a rischio la salute dei lavoratori.

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