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Sentenze, il presidente di una cooperativa è penalmente responsabile della sicurezza del socio lavoratore

ROMA – Con la sentenza n. 31385 del 6 agosto scorso la Corte di Cassazione ha ribadito uno dei più recenti orientamenti della giurisprudenza relativi alla responsabilità della sicurezza nelle cooperative nei confronti della sicurezza della particolare figura del socio lavoratore. La corte ha infatti affermato che il presidente della cooperativa, in qualità di legale rappresentante della stessa assume, ai fini della normativa antinfortunistica, il ruolo di “datore di lavoro” e la correlativa posizione di garanzia nei confronti del socio lavoratore il quale, a tal fine, è equiparato ad un qualunque lavoratore subordinato.
Una interpretazione che peraltro si dovrebbe facilmente desumere dall’ art. 2, comma 1, lett. b) del D.Lgs. 81 secondo il quale  per “datore di lavoro” si intende “il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa”.
Ma la sentenza dei giudici non è basata solo su questo elemento ma anche sul principio che il presidente della cooperativa è tenuto, in quanto datore di lavoro, ad assicurare una specifica formazione ai soci lavoratori nonché un’adeguata informazione, e dunque, a curare l’effettivo compimento del percorso formativo in funzione delle mansioni da essi concretamente esercitate.
In giudici hanno altresì affermato che in caso di lavori eseguiti in regime di appalto il presidente della cooperativa è tenuto, come di ogni altro datore di lavoro, ad attivarsi per una proficua cooperazione con il committente, anche al fine di evitare che lavoratori privi di specifiche qualifiche, si rechino a svolgere la propria prestazione presso ambienti di lavoro non sicuri.
Infine la Suprema Corte ha ribadito il principio secondo il quale a nulla vale l’esistenza di una condotta inosservante, che possiamo tranquillamente tradurre con il più familiare termine di ‘colposa’ da parte del socio lavoratore per esimere da responsabilità penale il datore di lavoro: infatti la condotta, anche imprudente, del lavoratore non solleva il garante da responsabilità se questa poteva essere prevedibile.

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