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Lavoro minorile, rapporto Ilo sul domestic work; l’Italia analizzata da Save the Children

ROMAPubblicato da Ilo in occasione della Giornata mondiale contro il lavoro minorile celebrata ieri 12 giugno, il nuovo rapporto Ending child labour in domestic work – Mettiamo fine al lavoro domestico dei minori.

Secondo i dati comunicati da Ilo sono 10,5 milioni i bambini e le bambine che lavorano come domestici in case private anche essendo al di sotto dell’età minima legale.

Tra questi 10 milioni, 6 milioni e mezzo hanno tra i 5 e i 14 e il 71% sono bambine. Il dato informa inoltre sulle loro condizioni di vita. I minori si occupano delle case, della manutenzione e dell’assistenza personale in case private e presso datori di lavoro, sono spesso esposti a condizioni di lavoro disumane, a violenze psicologiche e sessuali, invisibili e lontani dalle proprie famiglie.

In molti Paesi il lavoro minorile domestico viene distorto da ambigue relazioni con le famiglie dei datori di lavoro, con bambini che vivono in contesti familiari ma che allo stesso tempo sono a tutti gli effetti soltanto lavoratori e non membri delle stesse famiglie. Carenze di cure quindi e sfruttamenti.

“La situazione di molti bambini lavoratori domestici non solo rappresenta una grave violazione dei  diritti dell’infanzia, ma è di ostacolo al raggiungimento di molti obiettivi di sviluppo nazionali e  internazionali”, ha dichiarato il direttore del Programma Ilo per l’eliminazione del lavoro minorile, Constance Thomas.

Ilo invita pertanto la comunità internazonale e i governi a ratificare la convenzione 138 sull’età minima di ammissione al lavoro e la convezione 192 sulle peggiori forme di lavoro minorile.

Per quanto riguarda il tema specifico dell’edizione 2013 della giornata, il lavoro domestico, l’invito è rivolto alla ratifica della convenzione 189, lavoro dignitoso per i lavoratori domestici.

Restando sul tema, l’11 giugno a Roma è stata presentata la ricerca Game Over – Indagine sul lavoro minorile in Italia, condotta da Save the Children e dall’Associazione Bruno Trentin.

5,2%, questa la percentuale dei minori nella fascia di età 7-15 anni impiegati nel lavoro minorile: circa 260.000 i pre-adolescenti che lavorano. Tra questi sono circa 30.000, tra i  14 e 15 anni, quelli che sono impiegati in mansioni pericolose per la salute, la sicurezza o integrità morale, svolte anche di notte e con orari che non permettono un regolare svolgimento degli studi e tempi adeguati di riposo e di svago.

In piccola percentuale, ma comunque presenti, i bambini lavoratori minori di 11 anni (0,3%). Il numero di minori impiegati cresce al crescere dell’età: 3% tra gli 11-13enni e il 18,4% tra i 14 e 15 anni.

L’aumento di minori che lavorano in questa fascia d’età è da mettere in relazioni al fenomeno degli Early school leavers, ragazzi che abbandonano la scuola precocemente, fenomeno che in Italia raggiunge percentuali tra le più alte in Europa: “il 18% dei giovani tra i 18 ed i 24 anni ha conseguito al massimo il titolo di scuola media e non ha concluso un corso di formazione professionale riconosciuto dalla Regione di durata superiore ai 2 anni”.

Buona parte delle esperienze di lavoro dei minori tra i 14 e 15 anni sono a carattere occasionale (40%), ma circa il 25% dei minori  lavora per periodi fino a un anno e con un orario di circa cinque ore di lavoro al giorno.

Il 41% dei minori è impiegato nelle mini o micro imprese a gestione familiare e circa il 30% è impegnato al disbrigo di lavori domestici in modo continuativo e per molte ore al giorno, anche in conflitto con l’orario scolastico. Più di 1 su 10 lavora presso attività condotte da parenti o amici e il restante 14% dei minori lavoratori è occupato in lavori per persone estranee all’ambito familiare.

Professioni più comuni tra i ragazzi sono quelle nel settore della ristorazione come il barista o il cameriere, l’aiuto in cucina, in pasticceria o nei panifici (18,7%). Frequente anche l’impiego come commessi, nelle pulizie e o nel lavoro agricolo e di allevamento di animali (13,6%). 1,5 i minori impiegati in cantiere, in attività ad altissimo rischio per la salute e la sicurezza. 4% la quota di baby sitter minori.

Nel complesso si tratta di mansioni che non aggiungono nuove competenze per arricchire le possibilità di inserimento adulto nel mondo del lavoro qualificato e solo il 45% dei minori che lavora percepisce un compenso.

“Dalle voci dei ragazzi raccolte con la ricerca partecipata” – ha dichiarato Raffaela Milano, direttore Programmi Italia-Europa di Save the Children – “emerge il forte legame tra lavoro minorile, disaffezione scolastica e reti familiari e sociali, che si trasforma in una  vera trappola  quando l’opportunità di soldi facili arriva a coinvolgere i minori in attività criminali”.

Decisivo il ruolo della famiglia nell’impegno lavorativo del minore. Due le tipologie di familiari riscontrate: quelle indigenti in cui il lavoro dei figli è una necessità e quelle assenti che non combattono contro l’abbandono scolastico dei propri figli e pur di non lasciare il ragazzo in strada preferiscono che si impeghi in qualsiasi modo, anche in situazioni di rischio. Alla famiglia quindi devono essere indirizzati programmi diversificati di sostegno. Tramite il rafforzamento e l’impegno nell’altro anello debole e concausa del lavoro minorile, le carenze del sistema formativo in Italia.

Per approfondire:
Ending child labour in domestic work
Save the Children, indagine lavoro minorile in Italia

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