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Prevenzione antinfortunistica, prassi operative e “codificazione normativa scritta”

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Contro la condanna del Tribunale in ordine al delitto di lesioni colpose ai danni di un dipendente infortunato sul lavoro e di violazione delle leggi antinfortunistiche;
ha fatto ricorso un datore di lavoro al quale era stata riconosciuta la violazione di cui agli artt. 17 c. 1 e 28 c. 2 del TU 81/08. Colpa specifica, l’aver omesso l’adozione di misure per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, anche di carattere strettamente valutativo dei rischi.

Interessano qui le conclusioni della Corte di Cassazione che con la sentenza n. 41486 del 15 ottobre 2015, ha affermato che la mancata codificazione formale, da parte del datore di lavoro, della normativa antinfortunistica, porta a una sua responsabilità penale.

Secondo quanto affermato dalla Corte d’Appello presso la quale era stata impugnata la sentenza del Tribunale, “non esistevano disposizioni specifiche, conosciute da tutti i lavoratori, che avessero ad oggetto le corrette modalità di esecuzione dei lavori di manutenzione in quota” (disposizioni connesse con l’episodio dell’infortunio oggetto di contestazione, Ndr).

Il dipendente infortunato “avrebbe ricevuto un preciso ordine da parte di uno dei suoi superiori al fine di effettuare la manutenzione del condotto di aspirazione fumi, senza interrompere la produzione, mediante l’utilizzo di una semplice scala poggiata, peraltro, su una superficie oleosa” ma la Corte d’Appello ha fondato la propria convinzione dell’ “assenza di qualsivoglia prassi in ordine alle corrette modalità operative da adottarsi nel caso dì specie”.

E sul punto della invocata “prassi aziendale” , la Corte di cassazione, “richiamato il principio … secondo cui non assume valore equipollente alla valutazione dello specifico rischio contenuta nel POS l’esistenza di una semplice prassi operativa…la valutazione del rischio è operazione complessa che consiste nell’analisi dei dati e nella loro valutazione in funzione di una concomitante definizione delle misure da adottare per eliminare o, ove possibile, ridurre il rischio individuato, essa sfocia peraltro in una compiuta formalizzazione”. Tanto che “una prassi operativa è per definizione priva di ogni premessa analitica e valutativa, come di una veste formale…nasce dalla mera ripetizione dell’attività”.

Pertanto, conclude la Cassazione, è condivisibile il principio di diritto secondo cui le istruzioni verbali e le mere prassi operative non assumono quella forza cogente che deve essere, invece, attribuita alla “codificazione” delle norme attuative antinfortunistiche in un documento scritto all’uopo redatto, lasciando ragionevolmente negli addetti alle lavorazioni pur sempre, nella loro rappresentazione soggettiva, quei margini di discrezionalità nella esecuzione di esse (istruzioni meramente verbali e prassi)… tali da non attribuire ad esse quelle caratteristiche di cogenza ed inderogabilità, proprie di tali forme di “codificazione normativa scritta”.

Info: sentenza Cassazione penale 14 ottobre 2015 n.41486

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