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Saras, la società della famiglia Moratti a giudizio per la morte di tre operai

CAGLIARI – L’accusa della procura di Cagliari è grave: omicidio colposo. L’ipotesi di reato sostiene che la “riduzione dei costi nelle misure di prevenzione e sicurezza” è all’origine della morte di tre operai. Luogo dell’incidente: Sarroch, in provincia di Cagliari, dove ha sede uno stabilimento della Saras, società leader nella produzione di energia che fa capo alla potente famiglia Moratti. Il presidente, Gianmarco Moratti, è marito del sindaco di Milano, Letizia Moratti. Amministratore delegato è Massimo Moratti, presidente dell’Inter. Vicepresidente è invece Angelo Moratti. Sono finiti nel mirino della magistratura sarda, a seguito della morte di Daniele Melis, Bruno Muntoni, Gigi Solinas, tre operai che lavoravano presso lo stabilimento della Saras, savvenuta il 26 maggio 20o9.

La Procura di Cagliari ha chiesto il rinvio a giudizio dei vertici aziendali: riducendo i costi per la tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, obblighi che impone il Testo Unico 81 del 2008, si è arrivati all’incidente mortale nella raffineria dei Moratti.

I giudici Emanuele Secci e Maria Chiara Manganiello chiedono di processare il direttore generale della Saras, Dario Scaffardi, e altri dirigenti dell’azienda. Sotto accusa anche Francesco Ledda, dirigente della Comesa, la società che aveva in appalto la manutenzioni di alcuni impianti.
Ma le responsabilità maggiori cadono su Scafardi: nato a La Spezia, 52 anni, laureato in ingegneria navale e meccanica all’Università di Genova, ha iniziato a lavorare in Saras nel 1992, dopo aver maturato esperienza in altre società  (Saipem, Cameli, Indutech). Dall’ottobre 2006 è direttore generale e membro del Consiglio di Amministazione.

I pubblici ministeri hanno accertato che la morte degli operai è avvenuta per diversi motivi.
Primo: nessun cartello di avviso era stato apposto all’esterno della cisterna dove sono entrati i lavoratori, respirando azoto, un gas inodore e incolore.
Secondo: i tre operai non erano equipaggiati con i rilevatori d’ossigeno, che di solito si usano nei lavori di quel genere.
Terzo: l’acquisto di queste attrezzature non era previsto nel capitolato d’appalto che ha indetto la Saras a favore della Comesa.

I giudici infatti hanno scritto: “E’ stato omesso di esplicare i doverosi compiti di pianificazione, di presidio e di accurata vigilanza resi necessari dalla natura non ordinaria dell’operazione di bonifica dell’accumulatore. Inoltre sono state trascurate le adeguate azioni di cooperazione, di informazione e di coordinamento”.

Secondo una relazione tecnica redatta da un consulente della Procura di Cagliari, sono state ben dieci le infrazioni del Testo Unico 81 del 2008.

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